Tornati da Barolo con il libro
faticosamente ottenuto, ci fu giusto il tempo di una breve relazione
e dovemmo ripartire alla volta di Biella, o più precisamente a Valle
Mosso, ove si trovava l’ultima copia delle Nove Porte. Don Ettore
volle accompagnarci, e noi lo accogliemmo volentieri: nonostante la
sua equivoca specializzazione, mi pare un religioso affidabile. Per
quasi cento chilometri di strada – strada accidentata e male curata
– non vi erano villaggi o punti di riposo, sicché alla sera della
prima giornata di viaggio fummo costretti ad accamparci, presso le
rovine di un monastero, fiduciosi che lì l’occhio benevolo del
Signore ci avrebbe protetto meglio che altrove. Come ulteriore
precauzione, comunque, decidemmo di organizzare anche dei turni di
guardia: “A coppie”, tenni a precisare. Che fratello Emilio
avesse vegliato per tutta la notte su di noi per lasciarci dormire,
al posto di guardia di Vicus Novus, non mi aveva mai convinto,
sebbene non fossi mai riuscito a trovare prove della sua mancanza. Io
mi addormentai quasi subito, sotto il controllo di fratello Emilio e,
soprattutto, di fratello Guglielmo, che così poteva sorvegliare
anche il suo ambiguo sottoposto.
Mi addormentai subito, ma non bene.
Anzi, il mio fu un sonno tormentato: udii campane suonare, vidi una
chiesa sconosciuta, dentro la quale dodici frati stavano avevano i
volti coperti da cappucci, mentre il tredicesimo, con i piedi scalzi
e decomposti, stava officiando una messa. Intorno, c’erano libri,
cumuli di libri. Il tredicesimo frate si voltò verso di me, ed io
caddi nel buio. Una voce roca mi disse: “Una vita per il libro, è
il prezzo da pagare, altrimenti morirete tutti. A te la scelta,
mandalo da noi”. Intravidi la porta di una sacrestia, poi mi
svegliai, richiamato da urla di allarme.
Urla di allarme gridate dai due
Ospitalieri, che quando mi svegliai del tutto si erano già lanciati
contro quattro morti che, stranamente claudicanti, procedevano verso
di noi. Non fidandomi troppo del valore delle nostre guardie del
corpo, nonostante la gamba oramai gravemente compromessa dalla caduta
dalle scale, sguainai la spada e zoppicai contro i morti,
accompagnato da Don Ettore. In effetti, fratello Gugliemo aprì in
due uno dei morti col suo expiator al primo colpo, ma fratello Emilio
non riuscì a colpire con la stessa efficacia e si trovò un morto
addosso. Io e Don Ettore colpimmo il cadavere con due colpi
coordinati, staccandogli la testa dal corpo, ma non dall’elmo di
fratello Emilio. Senza pensaci due volte, il sacrificabilissimo
Ospitaliere si tolse l’elmo e lo scagliò con violenza contro
fratello Guglielmo, gridandogli di colpirlo al volo. Ancora mi
meraviglio dei riflessi fulminei con cui fratello Guglielmo sollevò
l’expiator e tagliò in due sia la testa, sia l’elmo (che gli
stava per arrivare in faccia).
In poco tempo, comunque, riuscimmo ad
aver ragione di questi morti, che combattevano stranamente male anche
perché, a quanto capimmo, erano completamente disarticolati: secondo
il nostro “medico di campo per causa di forza maggiore”, ossia
fratello Guglielmo, erano morti stritolati da una forza tremenda.
Analizzando i documenti, alcuni dei quali palesemente falsi,
scoprimmo che si trattava di mercanti tedeschi, o almeno di persone
che si volevano far credere tali.
La notte proseguì senza ulteriori
intoppi (sebbene nel mio turno di guardia fosse inquietante vedere
fratello Emilio che – ai limiti fra l’eresia e la follia –
dormiva attorniato da tutti i suoi pupazzi, che aveva singolarmente
salutato, come se non sapesse che solo Dio può infondere l’alito
della vita, e non un banale burattinaio.
Ehi ragazzi ma passate dalle mie parti! Se vi avanzano 5 minuti venitemi a trovare a Cossato che festeggiamo! ;D
RispondiEliminaBaracca passera' a trovare i suoi adepti
RispondiEliminaAttendiamo fiduciosi la Sua venuta!
RispondiEliminaFratello Emilio è più inquietante di dei Morti tedeschi...
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