mercoledì 28 novembre 2012

Arrivederci Adolf, ora vivrai in me!


Da tempo sento la sua presenza. Devo vederlo. Grazie mio Dio per avermi dato questa occasione.
Creta sta per cadere sotto il controllo di quelli che chiamiamo i liberatori. Il mio signore Minosse sta per perdere il suo trono, i sui morti e le mostruosità sotto il suo potere sembrano non essere sufficienti a fermare le truppe italiche che alcuni di noi chiamano ospitalieri. Tra di loro c’è un essere speciale, uno come me! Un essere turbato dal suo stato, che a fatica trattiene i suoi io. Non conosco il suo nome o meglio dire i suoi nomi.
Devo incontrarlo.
Sarebbe la prima volta che potrei conoscer un mio simile, un uomo tatuato con un numero sul petto. Forse potrei scambiare la mia esperienza o meglio la nostra. Il rischio di recarmi al forte degli italiani è grande, anche se conosco la loro lingua senza sapere come l’ho imparata.
La fortuna però sembra girare dalla mia parte, Minosse conosce il mio potere, sa le mie abilità innate e ha deciso di farmi chiamare a palazzo per una missione. Anche se non amo il mio signore l’occasione è ghiotta. Entro in città da un passaggio segreto che gli italici non hanno ancora scoperto, evito sia il fronte ospitaliero che i controlli dei militari cretesi, anche loro sono all’oscuro del tunnel.
Arrivo a palazzo e i consiglieri di corte mi consegnano un manoscritto per trattare una tregua e l’alleanza, devo consegnare il messaggio e farlo accettare se così non fosse sono minacciato di morte, minaccia che sarebbe subito applicata se mi rifiutassi di andare.
Come ambasciatore mi viene facile raggiungere il forte, vengo scortato da soldati italici stupiti per il mio accento pugliese.
Ormai vedo il forte e le bandiere pontificie. Ad un tratto sento il mio corpo bruciare. Un calore e un dolore tremendo mi colpiscono. Crollo a terra e perdo i sensi, sento le voci dei soldati, ma non riesco a reagire. Vedo me stesso bruciare al rogo, ma capisco di non essere io. Uomini tristi pronunciano i suoi nomi alcuni lo chiamano Baracca, altri Giocondo, altri Adolf.
Vedo dei suoi compagni alcuni sono felici altri no. Non conosco i loro nomi. Sento solo una frase che Giocondo pronuncia ardendo nelle fiamme : “ Grazie Ruggiero per la seconda possibilità, ti considero più di un capo, sei un Fratello….”.
Riprendo i sensi, capisco i problemi di quel uomo e mi sorprendo delle sue moltitudini, tutti Loro sono in me e si aggiungono agli Altri.
Sono arrivato tardi, ho fallito. Beffarda è la sorte. Forse è un disegno di Dio e io come sua pecorella devo ringraziare per il dono ricevuto.
Nel forte tutti mi guardano stupefatti, quattro uomini arrivano a me, uno si chiama Ruggiero. Non posso dirgli cosa so. Appena mi vedono mi chiamano come sospettano Giocondo, ma devo deluderli e spigargli di essere Drakonis Papadopulos.
Ruggiero vorrebbe uccidermi perché non crede alle mie parole(minchia che ruffiano), io lo posso capire e come ci insegna il Signore nostro Dio devo saper perdonare. La non conoscenza può rendere ciechi e deboli. Capisco cosa prova, capisco che ha perso un amico, per fortuna sua ora sono qua e potrò colmare il suo dolore.
Non ho interesse di tornare da Minosse, anzi vorrei liberare questa terra. Lui si crede l’altissimo, ma non conosce la statura di Dio.

martedì 27 novembre 2012

L'ultima missione di Baracca


Quasi un mese di arresti domiciliari dopo (mentre la campagna per la presa dell'isola procedeva di successo in successo, e il sedicente Minosse era messo alle strette), finalmente un Santo Tribunale Inquisitorio si stabilì a Creta per riportare il Vero. Lo attendevo con la fiducia dei giusti, e ne avevo ben donde: esso non solo stabilì il vero, ma mi permise anche di spiegare la mancata esplosione del Connestabile al colpo di Stocco Papale.
Io, Fratello Giocondo, Fratello Ruggero, il tedesco Lothar e Accobelli sedevamo al banco degli imputati; quest'ultimo, si incaricò anche di difenderci. L'Inquisitore, Sua Eccellenza don Claudio, iniziò subito gli interrogatori, chiedendo a Lothar perché fossimo armati ad una cena, e Accobelli cominciò a dimostrare la sua virtù argomentativa, spiegando che era una norma di sicurezza tenersi sempre pronti in zona di guerra. E così, guidato dalla voce del Signore che giuda infallibilmente i Giusti nella propria difesa, ribatteva ad ogni domanda, come uno Scudo di Fede, e quando io rivelai che eravamo inviati del Sant'Uffizio, mandati a smascherare un infiltrato nell'Ordine, individuato nel Connestabile (come provava il cavallo nero tatuato sulla spalla, segno degli affiliati ai Decussi), la partita sembrava vinta.
Almeno, fino a quando si parlò di Fratello Giocondo.
A questo punto, Sua Eccellenza l'Inquisitore (dopo aver senza difficoltà mostrata l'instabilità mentale del soggetto, anche con alcune registrazioni che ne mostravano le possessioni e la testimonianza delle “mogli di Minosse” da lui molestate) ci mostrò delle foto inequivocabili, che mostravano Fratello Giocondo intento a darsi al buon tempo con avvenenti e disinibite fanciulle (il che non era difficile a credersi), ma anche in compagnie compromettenti: spie del Quarto Reich. Altre carte testimoniavano che aveva mandato continue informazioni su Malta a tali emissari dell'eretica potenza germanica.
A nulla valse che Antonio Maria Accobelli ricordasse le prove di valore dimostrate da Fratello Giocondo; a nulla il disperato intervento di Lothar: come è giusto, l'Inquisitore condannò il reo al rogo.
Noi tutti fummo, invece, dichiarati innocenti, ed io anzi menzionato con merito e ufficializzato come Cappellano Militare dell'Ordine Ospitaliero.
Sarà dura redimere questi poco pii fratelli, ma il Signore mi darà la forza.

Grazie, Signore! Se avessimo colpito il Connestabile uccidendolo senza creare un caso da processo, forse non sarebbe stata svelata l'altra Serpe che la Santa Madre Chiesa allevava nel suo seno, Fratello Giocondo, che con perfida astuzia da una parte si mostrava coraggioso, dall'altra mirava alla distruzione dell'Ordine Ospitaliero, provando ad uccidere con le sue granate, quando se ne prestava l'occasione, i massimi gradi di tale Ordine; inviando le sue informazioni fuori; soprattutto, fiaccando gli spiriti degli uomini attraverso il peccato di lussuria, da lui così fomentato anche attraverso la blasfema istituzione del Convento della Rasata.
La sera stessa, il suo corpo mortale ardeva sul rogo. Che Dio accolga la sua anima fra i giusti. Anzi, le sue anime. Dopo la giusta permanenza in Purgatorio. Anche se dubito che lo farà.

Il mattino dopo, un messo di Minosse veniva a chiedere pace e collaborazione, proprio mentre da Malta ci segnalavano che una nave era sbarcata sulle coste; una nave guidata da una Mummia, un morto (apparentemente) di cinquemila anni prima. Assurdo e inconcepibile!
Ma non solo quello che accadeva a Malta e in Egitto era incredibile. Ricevemmo il messo: era del tutto uguale a Fratello Giocondo.

sabato 24 novembre 2012

Il traditore


Imperscrutabili e misteriose sono le vie del Signore, eppure infallibilmente conducono al Bene: da stolti e peccatori è dubitarne anche per un solo momento, come mostra la vicenda che ci occorse dopo aver scoperto che il Connestabile, sotto i panni della massima autorità ospitaliera, celava un'identità di Decusso Sanguigno. Ci invitò a cena, provò ad avvelenarci, per poi lanciarsi, sguainata la spada, contro me, Fratello Giocondo e Fratello Ruggero, che eravamo debilitati, ma non piegati dal nefando intruglio che ci aveva propinato nei piatti e nel vino – ed al quale, come appurammo in seguito, si era reso immune con la lenta assuefazione.
Reagimmo: io sguainai il Consacrato Stocco Papale e mi gettai sul Connestabile,  mentre i due Fratelli tenevano a bada due guardie giunte in soccorso dell'eretico. Io ero molto più piccolo del mio avversario, ma sapevo che al mio fianco erano schierate le invincibili Possenze Angeliche, dunque nulla temevo. Colpii il mio avversario, confidando che simultaneamente lo ferisse anche la Spada di San Michele, facendolo esplodere o quanto meno venir meno.
Invece, lo ferii appena e la mia arma ruzzolò via: per un attimo temetti di aver colpito un giusto, altrimenti non si sarebbe spiegato lo strano evento, ma poi mi sentii rassicurato in cuor mio, e continuai la pugna. Il Connestabile reagì, aprendomi un grande squarcio nel ventre, di cui porterò a lungo la cicatrice. Mi gettai sotto il tavolo, dove sapevo di trovare una nuova arma: la Mitragliatrice Consacrata di Accobelli (il quale intanto continuava a schiumare sangue).
Sentii Ruggero e Giocondo che si gridavano l'un l'altro di non uccidere le guardie intervenute, che nulla sapevano dell'eresia del loro capo, e che solo eseguivano degli ordini.
Sentii l'urlo di Ruggero e Giocondo che venivano feriti.
Vidi pezzi di guardie tranciati di netto dal corpo dai colpi dei due confratelli.
Intanto, avevo trovato la Mitragliatrice Consacrata. Non avevo mai usato uno di quegli arnesi, ma ero sicuro che i simboli sacri avrebbero guidato la mia mano, così uscii da sotto il tavolo e premetti il grilletto. Anche se si è sostenuti dalla Mano dell'Altissimo, non è facile tenere salda una mitragliatrice mentre spara raffiche di colpi, ma tuttavia non ferii nessuno dei miei amici e distrassi il Connestabile (già malfermo per il colpo di Stocco Papale), dando modo a Fratello Ruggero di finirlo con un colpo possente del suo spadone.
Recuperai lo stocco, e lo conficcai ripetutamente nel corpo del Connestabile, accusandolo di eresia.
In quel momento, entrarono le altre guardie.

mercoledì 21 novembre 2012

Il Serpente nel Sacro seno della Chiesa


Guardati dai pagani, dai nemici esterni della Chiesa, certo, ma non dimenticare che i più temibili nemici della Fede si nascondono nel suo seno, come ben sa da secoli la meritoria istituzione della Santa Inquisizione, che tanti eretici ha giustamente arso vivi. La Chiesa moderna non è da meno.
Fieri dell'aiuto concessoci dall'Altissimo nella nostra impresa di liberazione degli Ospitalieri imprigionati, tornammo al campo con un peso aggiuntivo: Fratello Giocondo, forse in ossequio alle sue parti meno nobili, aveva anche catturato le avvenenti meretrici che avevano indotto sulla via del peccato i nostri militi e poi li avevano addormentati per agevolare l'ingresso al forte dei pagani. Tuttavia, devo ammettere che non sbagliò fino in fondo: avremmo potuto interrogarle. Fratello Ruggero poté, infatti, parlare con una di loro, che sembrava esserne la guida e che sapeva esprimersi in italiano. Certo, non fu facile: Fratello Giocondo era troppo interessato, riguardo alle donne, a particolari e dettagli che esulavano da quelli prettamente attinenti alla tattica di guerra per liberare l'isola dalla pagania. Fu necessario tramortirlo con i possenti pugni di Fratello Ruggero (che Dio gliene renda merito).
Le meretrici si qualificarono come “mogli di Minosse”: sposate con cretesi, erano anche concubine del sessantenne dittatore infedele, a loro dire perché altrimenti la loro famiglia sarebbe stata sterminata (ma non sembravano particolarmente pentite). Fratello Ruggero promise loro che non le avrebbe punite, se ci avessero dato tutte le informazioni utili a liberare l'isola dal flagello pagano. Esse acconsentirono, ma non potemmo parlare: le sentinelle corsero ad avvertirci che stavano arrivando ben venti navi battenti bandiera cristiana, con in testa una Galeazza guidata addirittura dal Gran Contestabile in persona! Bisognava accoglierlo, e così Ruggero ordinò che le donne fossero piantonate in Chiesa (scoprimmo in seguito che Fratello Giocondo riuscì egualmente ad importunarle, eludendo la sorveglianza).

Il Contestabile si dimostrò subito una persona priva di ogni scrupolo religioso: accettò il patto che avevamo stretto con i tedeschi, ma volle che le donne fossero uccise (e questo era comprensibile) dopo che i militi si fossero presi diletto con loro (e questo era peccato!). In pratica, Ruggero era esautorato, e Fratello Giocondo meditava una liberazione delle meretrici, che io stesso mi trovai ad incoraggiare.
Ebbene sì, la incoraggiai. Antonio Maria Accobelli aveva infatti interpretato un messaggio cifrato nascosto dal nostro informatore a Malta (e che probabilmente era stato ucciso proprio per questa scoperta): il Gran Contestabile era un eretico, un infiltrato dei Decussis Sanguigni! Lo provava il tatuaggio dell'organizzazione che portava sulla spalla, oltre ai suoi ordini peccaminosi. Non c'era altra possibilità che ucciderlo, e così ci risolvemmo a fare io e Antonio Maria Accobelli, e ci avrebbe molto aiutato la confusione causata da una fuga che – se fosse stata organizzata da Fratello Giocondo – sarebbe sicuramente stata scoperta. Ubi maior, minor cessat.

Tutte le nostre trame, i nostri piani furono mandati in fumo dall'azione del Contestabile: spesso il Maligno opera rapidamente nelle sue azioni, che però non sempre vanno a buon fine. Egli invitò me, Antonio Maria Accobelli, il colonnello tedesco con il suo secondo Matthaus, nonché ovviamente Fratello Ruggero con il suo secondo Giocondo ad una cena privata. Lo osservai: mangiava lo stesso cibo che ci veniva servito, così anche se non mi fidavo di lui ne assaggiai egualmente, immaginando che le insidie sarebbero arrivate da altre parti.  Invece, improvvisamente Antonio Maria Accobelli e Matthaus cominciarono a vomitare sangue, caddero come morti con il volto nel piatto. Anche io non mi sentivo bene, e ho la netta impressione che lo stesso provassero Fratello Ruggero e Fratello Giocondo. Il Contestabile balzò in piedi tenendosi la pancia, ma troppo arzillo per essere veramente avvelenato, accusando a gran voce il colonnello tedesco, al quale sparò un colpo alla tempia. Intanto chiamava le guardie: due ospitalieri entrarono di gran carriera.
Come aveva potuto avvelenarci senza avvelenare se stesso? In quel momento, non era tempo di interrogarsi, ma solo di sguainare lo stocco e difendersi: dovevamo lottare per le nostre vite, poi ci saremmo scagionati.
Ma per scagionarci, dovevamo sopravvivere.
Sguainai a fatica lo stocco: spero che il Signore ci venga nuovamente in soccorso contro questi nuovi, più infami Suoi nemici.

domenica 18 novembre 2012

Il quarto d'ora Ospitaliero...



Calpestiamo l’erba e guardiamo da questo spalto, che la natura ci offre, l’accampamento nemico che sarà il teatro del quarto d’ora ospitaliero. Scendono sul campo di battaglia :
Karl Arbenz, Muetzell, Kreuzer, Eusebio, Romeo, Valentino, Don Matteo Tommaso del Torchio, Antono Maria e Lothar Matteus guida la compagine CAPITAN RUGGERO. Il dodicesimo uomo, ultimo ma non per importanza, è il capitan Baracca che prima che gli venisse posta la domanda si offre volontario di portarsi in avanti aggirando la difesa avversaria sulla fascia per piazzare le sue bordate ed essere decisivo per la vittoria del gruppo. Con lui si affianca  anche il germanico Matteus uomo coriaceo e possente con grandi doti di velocità e senso tattico.
Volontario per il segnale è Antonio Maria che con un colpo duro ma preciso mette fuori gioco il capitano avversario, tale gesto è come uno squillo di tromba:inizia il quarto d’ora ospitaliero.
I due eroi, primi sul fronte d’attacco, sparano mine che aumentano la confusione che regna in campo. Cadono gli avversari ai interventi duri.
Capitan Ruggero e don Matteo avanzano, il primo travolgendo gli avversari l’altro non si sa perché ma in tali situazioni gli schemi saltano. Alla regia, Antonio Maria apre varchi sui nemici.
Ciò che era impossibile è realtà, non conta il numero, non contano le tattiche, non contano le dimensioni degli avversari è il cuore che fa la differenza, è il gruppo che fa la forza.
La partita è vinta.
Tutti i compagni sono con noi.
La serata si chiude con il motto: “l’importante è che vinca l’amicizia”

sabato 17 novembre 2012

Lode al Signore, che ha vigilato su di noi...


Il Signore può a volte punire le sue pecorelle quando si smarriscono, per dimostrare quanto impervio sia il cammino per chi si allontana da Lui (o altre volte per metterle alla prova; oppure per richiamare a sé il prima possibile i puri; oppure per aiutarle nel cammino di espiazione e umiltà; oppure per dar modo di dimostrare la propria Fede; oppure per una quantità di altri motivi più o meno imperscrutabili a noi miseri mortali, sui quali ora non è il caso di soffermarsi), ma quando esse mostrano segni di pentimento, non esita a scendere al loro fianco per aiutarle, anche nella maniera più manifesta.
Ed è stato un onore essere io, il misero Servo del Signore Don Matteo, ad essere strumento di tale Salvezza.
Nella notte, come angeli vendicatori, siamo piombati sul campo dei pagani. Io, brandendo il mio stocco pontificio, accompagnato da Fratello Ruggero e, soprattutto, dall'armatura della Fede, mentre gli altri, tedeschi e templari, prudentemente si tenevano indietro, quasi timorosi e quasi inattivi, salvo esplodere dei proiettili comunque utili a creare confusione nel campo nemico.
Ma io correvo, correvo avanti. Eravamo due, due contro cento, e so bene che ben poco avremmo potuto se non fosse stato per il Signore che lanciava i suoi strali dal cielo: ad ogni colpo di stocco, un nemico, morto o vivo, cadeva, esplodeva, a volte bastava un semplice mio anatema perché un fulmine del Signore che vigilava su di noi lo facesse ardere!
Le schiere dei pagani si aprivano dinnanzi a noi come acque davanti a Mosé, ed io correvo sicuro verso la mia meta, anch'essa indicata da Iddio, usando questa volta come strumento Antonio Maria Accobelli, che si era reso conto che i molti morti presenti nel campo (a partire dai cani bicefali, chiaramente dei Feros) erano controllati da un solo uomo, con l'aiuto di un medaglione. Ebbene, con un colpo preciso e guidato dall'Altissimo( più che altro dal tarocco del Carro,ndr), aveva ucciso il portatore dell'oggetto maledetto: in quel preciso momento, nel campo pagano si era scatenato l'inferno (chiaramente figura di quello eterno, che attenderà quelle anime prave, dedite al blasfemo Minosse ed ai suoi culti): i morti si erano rivoltati contro i vivi e, com'è nella loro natura, bramavano la carne di ogni essere umano la cui anima non ha ancora lasciato il corpo.
Così, io e Fratello Ruggero ci eravamo lanciati nella mischia: con le nostre parole di Fede, con il nostro coraggio, e soprattutto con la forza infusa dalla vista del Santo Segno che recavo meco, incitammo gli Ospitalieri imprigionati alla lotta, a liberarsi, a lottare contro i carcerieri per guadagnare la libertà. Pieni di Speranza e Fede, avrebbero voluto affrontare a mani nude i morti ed i nemici, ma noi consigliammo loro la ritirata: ci sarebbe stato modo e tempo per una piena vendetta. Noi continuammo: dovevamo recuperare il medaglione, prima che qualcuno dei pagani potesse trovarlo e riprendere il controllo sui morti. Provò ad impedircelo un “Titano” - come i blasfemi chiamano un mostruoso colosso formato da pezzi di innumerevoli cadaveri - , ma quando lanciai un lungo anatema contro di lui (restando immobile per una ventina di secondi, per il check di terrore fallito, ndr), l'essere cominciò ad esplodere a partire dalla testa, ed anche Ruggero diede il suo contributo di danno con la sua possente spada, pur subendo lievi ferite. Ci si parò davanti un cane bicefalo, ma lo infilzai con il mio Sacro stocco, ed il Signore lo fece saltare in aria in pezzi.
Vidi il cadavere di colui che aveva controllato i morti: stava già agitandosi, ma riuscii a strappargli il medaglione. Un attimo dopo, Ruggero lo tagliava in due con un colpo di spada.
Ci ritirammo: che morti e pagani (e quindi morti agli occhi di Dio) si scannassero fra di loro.