sabato 30 marzo 2019

"Donnesca astuzia e garbuglio di prete, van sopra tutte, come ben sapete


Su indicazione di Don Gerardo, la prima ricerca fu in casa della Contessa Bottero: arrivammo da lei poco dopo le preghiere del mattino ed ella si presentò in vestaglia (il maggiordomo ci spiegò che era tornata a letto dopo le preghiere mattutine), fu molto gentile nell’accoglierci e ci offrì degli alcolici, che io rifiutai in quanto siamo uomini di Chiesa e non stavamo officiando Messa. Fratello Emilio osservò che, nel suo caso, era più “uomo” e meno “di Chiesa”, scolandosi un bel bicchiere e dando ad intendere che riteneva la vestaglia della Contessa inutile.
Finiti i preamboli, la Bottero ci introdusse nella sua enorme biblioteca dopo averci detto che molti libri erano catalogati, ma altri erano stati comprati in blocco e non aveva ancora visto quali titoli contenessero. C’erano, in effetti, alcuni libri all’Indice, ma Mauro vide che quelli catalogati erano stati segnati come da restituire alla Chiesa.
Trovammo una copia de “Le nove porte del Regno delle Ombre” nel mucchio dei libri di catalogare, anche se in una edizione diversa (e più antica) rispetto a quella che andavamo cercando. Sul momento, eravamo tutti troppo intenti a resistere alle tentazioni della carne per notarlo, ma mi chiedo come sia possibile che un libro che, in teoria, si trovava in casa della Contessa da poco, potesse essere quello annotato sul diario della Masca.

lunedì 25 marzo 2019

"Chi sta coi preti e vicino un medico, vive malato e muore eretico


Curati alla men peggio i feriti, requisimmo un carro in nome della Santa Chiesa e vi ponemmo Guglielmo e Fanny: senza ulteriori intoppi, raggiungemmo Torino e li depositammo all’Ospedale degli excubitores, dove le suore ebbero modo di lagnarsi degli eccessivi lamenti di Fratello Emilio, paragonabili a quelli di una novizia.
Appena assicuratici della salute del corpo dei nostri compagni di avventura, ci recammo da Don Gerardo, il quale fu contento del risultato ma, quando seppe del Diario della Masca, chiamò a colloquio privato me e il mio fido notaio.
Solo perché sono assolutamente certo che nessuno, e tanto meno i due Ospitalieri e le due femmine di exubitor che ci accompagnano, leggeranno mai queste righe, posso scrivere che Don Gerardo ci confessò che talora la Santa Chiesa ricorreva, in segreto, a uomini di dubbia fede e dubbia virtù, ma con doti tali per cui forse avrebbero saputo decifrare il codice del diario. In Torino, si trattava di un uomo noto come “Il cartolaio”.
A cena, infatti, fummo avvicinati da una suora recante un biglietto: eravamo attesi. Fummo guidati in via Pietro Micca, entrammo in un cortile, bussammo ad una porta, ci venne ad aprire una donna rossa molto ispiratrice di gran peccati, la quale ci introdusse in una stanza lussuosa al centro della quale, mollemente seduto su una poltrona, stava un uomo dall’aria melliflua: il Cartolaio. Gli cedemmo il diario ed egli, dopo essersi ritirato in una stanza attigua per poco più di un quarto d’ora, seppe dirci dove si trovavano le altre tre copie de “Le nove porte del Regno delle Ombre”: una nel castello di Barolo, una a Masso S. Maria, una in Torino, a casa della Contessa Bottero. Il fatto che l’avvenente rossa e Fratello Emilio non si fossero mai trovati nella stessa stanza ci evitò imbarazzi, ma all’uscita trovammo costui nell’atto di origliare alla porta, mentre ebbi l’impressione che Luisa o Lucia fosse saltata giù da un cornicione un attimo prima che noi tornassimo in cortile. Che gruppo malfidato!

sabato 23 marzo 2019

Baracca - La Follia -


Sulle note di DESPACITO .... BALLATA A GUGLIELMO


Mi sembra parli troppo guardando te
Quelli segnan pure i cazzi tuoi
Si sente cosa pensi pure silenziando te
Loro sono i peggior mattatoi
Tu aumenti l’espressività
Insulti senza razionalità
Quei preti col vestito scuro
Non rispetti la rigidità
Sparli denigrando sua santità
Guarda anche loro lo hanno duro

INQUISITO
Caro il mio Guglielmo inquisito
Con l’espiator seppellito
Al patibolo  sei finito
INQUISITO

È stato peggio di un castigo
Fra Tommaso che fa il figo
E Mauro prepara la gogna
Sei pronto per sto sacrificio
Perché non chiudi la bocca
Don Gerardo rincoglionito”
Sei proprio un bel picio
Il clero sai non si tocca
Le excubitores ti han sentito

Disprezzarli è uno scandalo
Farai la fine di un coriandolo
Nel rogo degli inquisitor
Inquisito inquisito nel fuoco finito
Passando dalla tortura
Che per la chiesa è na cura

INQUISITO
Caro il mio Guglielmo inquisito
Con l’espiator seppellito
Al patibolo  sei finito
INQUISITO

Fanny e Luisa hai divertito
Ti piange solo un amico
E Mauro prepara la gogna
Per Tommaso già seppellito
Ardito ardito sei stato tu punito
La lingua che scotta
Hai già preso una cotta
Gerardo rincoglionito”
Non taci neanche sotto costrizione
Sarebbe stata buona la meditazione

INQUISITO
Caro il mio Guglielmo inquisito
Con l’espiator seppellito
Al patibolo  sei finito

INQUISITO


giovedì 21 marzo 2019

"Quel che Iddio congiunse, uom non divida"


Tutti colpimmo più volte il morto: Mauro tirandogli addosso il diario, io e le due femmine con le pistole, ma nessuna di queste armi si dimostrò efficace. Bisognava combattere all’arma bianca. Fratello Gugliemo riuscì a staccare un arto, Mauro colpì da vicinissimo con la doppietta a canne mozze, scarnificando il petto del morto e mancando per una sorta di intervento angelico Fratello Guglielmo, impegnato in corpo a corpo. Io colpii al collo, la spada rimase piantata nei muscoli di quell’orrore e si spezzò. Colpirono anche le due femmine, gli tagliarono la testa, ma il morto continuava a combattere, con una forza tremenda: con un pugno, infranse l’armatura di Fratello Guglielmo e lo ferì, con un colpo ridusse Fanny in fin di vita. Solo Fratello Emilio non colpì: rientrato nella stanza grazie al coraggio infusogli dalle mie parole, sbagliò un colpo e tornò a fuggire, ma questa volta una mano lo afferrò e lo trattenne. Devo ammettere che non era la mia mano, ma quella del contadino, che si stava rianimando. Mauro fu incredibilmente pronto a colpirlo con un nuovo sparo di doppietta, che staccò di netto il braccio che tratteneva il prode ospitaliere.
Attacchiamo ancora, finalmente un colpo di accetta decisivo, menato dalla femminea ma non debole mano di Luisa o Lucia, divise in due il corpo del morto, già decapitato e senza un braccio: eravamo malconci ma salvi.

lunedì 18 marzo 2019

" Anche gli dei e i geni a volte perdono la spada"


Ad ogni buon conto, riprendemmo il viaggio finché, arrivati nei dintorni di Piscina, fummo rispettosamente avvicinati da un vecchio contadino dall’espressione disperata, un certo Piero Mola, il quale mi pregò di impartire un’estrema benedizione a suo figlio, gravemente malato, che a detta del medico sarebbe morto entro breve, seguendo di poco la madre fra le braccia di Dio.
Quei gran prodi di cavalieri che rappresentano la mia guardia del corpo iniziarono a cercar scuse per non andare, arrivando al punto di chiedere una descrizione del suo cascinale, ma io troncai le esitazioni: era nostro triste dovere recarci al capezzale del giovine.
Arrivati alla cascina, lasciammo le due femmine alla guardia dei cavalli ed entrammo nella stanza, poco illuminata per via delle strette finestre e della giornata uggiosa; il vecchio contadino aprì la porta della stanza nella quale si trovava il figlio malato e, un istante dopo, ne uscì tenendosi le viscere, orribilmente trafitte da un forcone. Dietro di lui, il figlio, chiaramente morto, con sangue rappreso sul volto e una orribile lucidità negli occhi.

Fratello Emilio, lo spocchioso Fratello Emilio, tanto baldanzoso nel colpire crocefissi e occhieggiar fanciulle, fuggì precipitosamente, al punto che io fui costretto a rincorrerlo fuori dal cascinale per richiamarlo ai suoi doveri, lasciando Fratello Guglielmo solo con il suo expiator (e con il mio notaio Mauro, che forse non aveva ancora visto il nemico) a fronteggiare il morto. Le due femmine di exubitor si precipitarono dentro e, quando, poco dopo, tornai nella cascina trovai lo scontro in pieno svolgimento.

Baracca - La leggenda -


PARTE 2


Caro Gioffredo, cosa pensi del nostro gruppo. Hai visto c’è anche una lavapiatti. Non ha con se neanche una cucina da campo. Chissà come farà a preparaci cena? Magari è con noi perché ha sentito voci del nostro  nuovo progetto  del convento della Rasata in Piemonte ? Bello avere fratello Guglielmo al nostro fianco. Lo so piace anche a te è simpatico. Ti sento ridere nello zaino quando scherzo con lui. L’inquisitore sembra un tosto burocrate, ma una mezza sega in azione, peggio di lui solo il suo chierichetto…. Dice di essere il notaio… ma è cecato come una talpa… chissà cosa nota. Ringrazio di avere te e Guglielmo a coprirmi le spalle.
Caro Gioffredo, la ferita ora mi duole. Meglio che dorma, domani staro meglio. Sono tosto io. Poi non posso morire pensa a quante donne tristi … hai visto come mi guardava quella donna altolocata torinese l’altro giorno e poi quella suoretta nel pomeriggio. Oggi comunque ho scavalcato una palizzata insormontabile, studiato un piano perfetto, fatto scappare un inquisitore folle, fatto esplodere un palco, salvato un popolo, devastato un morto, portato sani e salvi l’inquisitore e il chierichetto (tra tutte forse l’impresa più difficile). Solo con te  e Guglielmo tutto questo è stato possibile. Grazie di esistere.

venerdì 15 marzo 2019

"I preti cantano così incantano. Il prete prega, ma a me non mi frega"


Dopo aver ispezionato con cura la biblioteca del Conte Pautasso e aver requisito la copia de “Le nove porte del Regno delle Ombre”, nonché del Diario della Masca, dormimmo i sonni tranquilli e beati di chi si addormenta nella consapevolezza di aver giustiziato degli eretici in giornata. La mattina, verificato che in Torre Pellice non erano rimaste tracce viventi di eresia (né di Usteboge), ripartimmo per tornare a Torino e consegnare il frutto delle nostre fatiche a Don Gerardo.
Sulla via del ritorno, a Pinerolo, incontrammo un’altra femmina di excubitor, di nome Fanny, amica della nostra Luisa o Lucia: era una ragazzotta di 21 anni, dall’aria svagata di quelle giovani che pensano più all’amore carnale che a quello per il Signore. Era, infatti, appena tornata da un congedo ed era stata mandata in nostro aiuto, dopo che avevamo già risolto ogni problema.
Con grande rozzezza, i due Fratelli ospitalieri si informarono sulle capacità in cucina di Fanny, accusandola di inutilità in quanto non era una buona cuoca; arrivarono, insomma, ad un tal segno di che dovetti redarguirli, anche perché una cuoca troppo brava potrebbe portare ad indulgere nel peccato della gola. Non contenti, insinuarono che Don Gerardo avesse appetiti carnali nei confronti della Contessa Bottero, come se avessero dimenticato il voto di castità di noi sacerdoti.

mercoledì 13 marzo 2019

"Quando il caso è disperato, la Provvidenza è vicina"


Luisa o Laura, insieme a Mauro, con due colpi, uccisero altrettanti seguaci di Usteboge; fratello Guglielmo si gettò, brandendo l’expiator, verso altre due guardie eretiche; io emersi dall’ombra e con parole di fuoco istigai gli abitanti a ribellarsi all’eretico, mentre sparai un colpo che avrebbe dovuto essere indirizzato a Usteboge, ma che Dio deviò alla testa di un comune abitante di Torre Pellice che, evidentemente, aveva accolto l’eresia nel cuore. Quasi con la stessa forza delle mie parole ispirate dal Signore, detonò anche un candelotto di dinamite che fratello Emilio aveva lanciato proprio sul palco.
Il seguito, fu una gran confusione. Fratello Guglielmo mise in fuga le guardie, distrusse una balconata di legno, uccise un nemico, ricevette una pallottola che gli distrusse l’elmo; io, il mio notaio e la femmina di excubitor fummo attaccati alle spalle, ma reagimmo, nonostante io fossi ferito dai malvagi senza Dio; fratello Emilio provò a inseguire Usteboge, che però riuscì a far perdere le sue tracce nei boschi; intanto, i buoni abitanti di Torre Pellice si riconciliavano con Dio e assicuravano di aver dovuto inchinarsi a Usteboge per terrore, dopo che questi aveva ucciso e crocefisso il parroco.

Intanto, la notte era calata, sicché ci fu offerta ospitalità… proprio nella villa vuota del Conte Pautasso! Avemmo così tutto l’agio di cercare, con successo, la copia de “Le nove porte del Regno delle Ombre” che stavamo cercando. La biblioteca era ampia, così ci dedicammo ad ispezionarla: sapevamo che vi si dovevano trovare altri libri all’Indice, ma non ne trovammo nessuno. C’erano invece molti spazi vuoti, come se alcuni volumi fossero stati trafugati; trovammo anche un diario, il Diario della Masca, la quale raccontava di avere lei stessa nascosto le varie copie de “Le nove porte del Regno delle Ombre” e di avere indicato i luoghi in un misterioso codice.
La nostra missione era stata un successo. Se avessimo catturato Usteboge, sarebbe stata un trionfo.

lunedì 11 marzo 2019

Il ritorno di Baracca


PARTE 1

- Sul perché mi ostino a voler Ghigno nel gruppo -



Caro Gioffredo, ricordi la prima volta che ti parlai, fu subito un brivido sì, ti dico una cosa se non la sai per me vale ancora così. Ci vuole passione con te non deve mancare mai, ci vuole mestiere perché lavoro di mazza lo sai.
Caro Gioffredo. Seppur tu sia solo un burattino, sei il più caro amico che ho, anzi sei più di un animo sei “ZIO”. Minchia Zio non ti ho mai lasciato e mai lo farò. Tu che mi proteggi , ora vederti a fianco a me ferito, mi da sollievo e tranquillità. Per salvare la popolazione di Torre Pellice ho dovuto immolare me stesso e rischiare la vita. Grazie a noi però ora sono salvi. Che bei luoghi che abbiamo attraversato per giungere fino a qua, nelle campagne tra Airasca e Pinerolo ho visto la pace. Lì vorrei che fondassimo il nostro ordine “L’Ultimo Impero”, tra la nebbia i boschi e ai piedi del monti in un luogo fuori ma vicino a tutto. Immagina Zio.
Caro Gioffredo,  pensa se creassimo  un nuovo ordine della Rasata. Daremmo  una possibilità anche alle donne al di là delle Alpi dove ormai regna la barbaria. Si parla un gran bene delle francesi.  Il complesso deve essere imponente e dare in ogni locale lo spazio ad ognuno per esprimersi.  Al nostro ritorno verso Torino poggerò la prima pietra, Guglielmo sarà contento e troverò altri proseliti qui a Torre Pellice. La Rasata tira sempre.  Pensa che bello gridare dal palco “ Ultimo” e tutti “Impero”…


P.s. Gioffredo è il burattino di Fratello Emilio
P.p.s. Qui info su cos'è L'ultimo Impero 

sabato 9 marzo 2019

"Lontano da Roma, più vicini a Dio"


Partimmo il mattino dopo, a cavallo. Oltrepassammo Stupinigi, dove fratello Emilio e fratello Guglielmo si misero in testa alla spedizione per notare meglio eventuali pericoli, ma di fatto notando solo contadinelle. A dire il vero, le notò quasi tutte fratello Emilio, perché fratello Guglielmo sembrava vedere solo l’enorme elmo che gli proteggeva la testa. Il mio notaio notò anche che fratello Emilio aveva uno strano rigonfiamento nello zaino: a richiesta, l’Ospitaliere disse che si trattava di un pupazzo ereditato dai suoi avi, che teneva sempre con sé. Una spiegazione quanto mai sospetta.
Superata Pinerolo nel rispetto della folla, proseguimmo su per la val Pellice sin quasi a Torre Pellice, quando notammo una figura indistinta apparire, confusamente, sul ciglio della strada nella nebbia crepuscolare. Per la prima volta, i due Ospiralieri assunsero un atteggiamento quasi marziale nel procedere, operativi e militareschi, verso il pericolo. Poco dopo, sentimmo dei colpi, ma nessun urlo. Ci avvicinammo: un uomo (evidentemente un innocuo larvalis) era stato crocefisso ad un palo, in un’oscena parodia della Passione, con una corona di spine. Le condizioni del poveretto erano pessime, in parte per via del suo assassinio, ma soprattutto per le inutili mazzate generosamente elargite dai nostri due soldati, che ci impedirono una vera e propria analisi. Fratello Guglielmo osservò che, forse, avremmo dovuto tenere un profilo basso a Pinerolo, ma che, se ci fossimo sbrigati, avremmo potuto confidare che nessuno ci avesse preceduto per raccontare il nostro arrivo.
La femmina di excubitor di nome Laura (o Luisa, non ricordo bene) si offrì di andare in avanscoperta a Torre Pellice, mentre noi avremmo seppellito il cadavere. Poco dopo, ella tornò con notizie agghiaccianti: l’Eresia era penetrata in città!
Le mura erano sguarnite, tutti gli abitanti della cittadina erano in piazza principale, dove si trovavano alcuni roghi (due già accesi) e un palchetto da inquisitore, dal quale concionava Usteboge, il famigerato ex inquisitore, eretico e scomunicato.
Decidemmo di intervenire subito: scavalcammo le mura sguarnite, passando dalla villa del conte Pautasso (attigua alla città), avanzammo nelle tenebre, sgattaiolammo fra i viottoli, ci appostammo, attaccammo!

lunedì 4 marzo 2019

"Fa quel che il prete dice, non quel che il prete fa"



Io e Mauro ci recammo alla serata di gala nella carrozza di Don Gerardo, il quale approfittò del momento riservato per raccontarci di un caso criminoso, sul quale stava già lavorando (senza risultati apprezzabili) la femmina excubitor che ci avrebbero accompagnato nella missione. Quattro assassini inquietanti erano avvenuti, per le vie di Torino e dintorni negli ultimi tre mesi: il primo era stato quello del Duca Fenoglio, con sette uomini della servitù massacrati e fatti a pezzi, sulla cui porta era stata tracciata una croce di sangue; poi era stato ucciso Ferruccio Amendola, un imprenditore; quindi Filippo Nancini, un piccolo delinquente; infine Antonio Mola, un agricoltore. Questi ultimi tre, erano stati trovati senza occhi e con un tarocco abbandonato sul cadavere (rispettivamente il Diavolo, l’Eremita e la Giustizia).
Avevamo appena finito di ascoltare il racconto, quando arrivammo a destinazione, dove già ci attendevano i nostri nuovi compagni. Insieme, salimmo nella sala del palazzo della Contessa: vi era tutto il cosiddetto “bel mondo” torinese. Subito, ci accolse la Contessa Maria Stella Bottero in persona, una donna sui trentacinque anni con due opere del Demonio di almeno quarto, se non quinto, livello in bella evidenza, che subito attrassero l’attenzione di fratello Emilio. L’incauto iniziò a gettare avances adatte ad un’osteria di infimo livello, che ovviamente infastidirono la nostra nobile ospite, la quale era invece desiderosa di avere informazioni sulla nostra missione. Io sostenetti di non saperne ancora nulla, ma ne approfittai per elogiare Don Gerardo che, a quanto mi parve di notare, era desideroso di avvicinare la Contessa alla Parola del Signore. Credo di aver agito saggiamente, per acquisire credito verso un importante uomo di Chiesa e, di conseguenza, avvicinarmi a Dio.
Dopo aver sopportato l’imbarazzante atteggiamento di fratello Emilio per tre ore buone (e dopo aver avuto richiesta da Don Gerardo di presentare un rapporto dettagliato sul comportamento dell’ambiguo Ospitaliere durante la missione, nonché dopo essere stati presentati a due industriali della città, Ferrero e il Conte Gallo), potemmo finalmente ritirarci.



La contessa Bottero in abito da sera

domenica 3 marzo 2019

"I preti fanno bollire la pentola con le fiamme del Purgatorio"


Eretici, pagani, infedeli,senza Dio, la feccia dell’umanità si insinua fra le pieghe di questa Terra benedetta dal Signore con il dominio papale: mondarla è la missione alla quale io, Tommaso Del Torchio, mi sono votato.
Io e il mio fedele notaio Mauro (lungimirante di mente, benché non di vista) arrivammo alla stazione ferroviaria di Porta Nuova, nella santa e sacrilega città di Augusta Taurinorum, nell’uggioso pomeriggio del 27 febbraio dell’Anno del Signore 1957 e subito ci recammo dal priore del luogo, Sua Santità Gerardo da Vicus Novus. Proprio all’ingresso, incontrammo coloro che ci avrebbero accompagnato nella missione, per noi ancora sconosciuta, che ci sarebbe stata affidato.
Le premesse erano pessime. C’erano due Ospitalieri (fratello Emilio e fratello Guglielmo), massicci come due Golia, ma soggiacenti alle tentazioni del Demonio, che per l’occasione prese le fattezze della suora, di giovane età e forme lascive, che ci introdusse da Gerardo e che i due Ospitalieri scrutarono con attenzione particolare per quell’area dalla quale fuoriescono gli escrementi. C’era poi un excubitor: di questo, basterà dire che si tratta di donna.
Don Gerardo, rubicondo come lo ricordavo, ci accolse in modo amichevole, si informò sui miei genitori (che aveva conosciuto), fu perfino così magnanimo da non scomunicare e/o condannare a morte fratello Emilio, nonostante alcuni commenti più degni di un giovinastro beone dei Murazzi che di un uomo di Chiesa. Dopo i convenevoli, ci fu illustrata la missione: recarci a Torre Pellice e recuperare una delle pochissime copie (forse tre) del libro all’Indice intitolato “Le nove porte del Regno delle Ombre”, che secondo le informazioni in possesso di Don Gerardo, si trovava nella biblioteca del defunto Conte Pautasso da Torre Pellice, giustamente morto visto che deteneva opere siffatte. Il libro sarebbe poi dovuto andare all’Attenzione di Sua Eminenza Santarosa, che richiedeva esplicitamente l’intervento in una missiva che ci fu mostrata.
Accanto a queste interessanti notizie, ce ne fu anche una spiacevole: avremmo dovuto trascorrere una noiosa e spiacevole serata ad una festa, organizzata dalla Contessa Maria Stella Bottero, invece di passarla lietamente in preghiere e letture di passi biblici.