sabato 27 aprile 2019

"Non c'è altare senza croce"


Arrivati a S. Maria Annunziata, trovammo le porte spalancate. Gli Ospitalieri stavano per precipitarsi dentro, quando fu loro ricordato che non si entra armati nella casa del Signore. D’altra parte, visto che stavamo cercando una setta di potenziali eretici che non avrebbero avuto scrupoli del genere, forse non era nemmeno il caso di entrare disarmati. La nostra excubitora, Luisa o Lucia, aggirò furtivamente la chiesa e l’annessa casa del parroco, notando che era probabilmente abitata e che c’erano due porte (una delle quali era la porta di un garage).
Decidemmo di entrare (armati) nella casa: Mauro sarebbe rimasto nei pressi della porta della chiesa, per evitare fughe, i due Ospitalieri avrebbero fatto irruzione dalla porta principale della casa del parroco, le due femmine di excubitor da una finestra sul retro, io avrei seguito gli Ospitalieri.

Tutto funzionò alla perfezione, almeno finché non entrammo nell’edificio. Appena i miei alleati furono dentro, sentii spari, grida. Mi precipitai dentro: i due Ospitalieri erano già gravemente feriti, fratello Emilio si teneva un braccio orribilmente squarciato. Provai ad urlare che stavamo venendo in pace, ma siccome sapevo quegli eretici non mi avrebbero dato retta, al contempo sparai colpendone uno in testa. I peccatori si erano appostati dentro la Chiesa, e sparavano. Alcuni (appresi dopo) avevano anche tentato di prenderci alle spalle, ma Mauro li aveva spazzati via con una raffica della sua micidiale doppietta, proponendo a gran voce la dottrina per cui le armi non devono entrare nella Casa del Signore, ma non viene specificato nulla a proposito dei proiettili.
Un’idea convincente, infatti sparammo contro tutti coloro che si muovevano, finché furono morti o si diedero alla fuga.
Eliminato questo pericolo, trovammo la stanza nella quale erano entrate le due femmine di excubitores, che poi era il garage: erano con Toaff, il quale era stato evidentemente torturato anche se, come appurai quasi subito, non da loro, bensì da un tizio (in combutta con quelli che avevamo eliminato) che ora giaceva scrupolosamente fatto a pezzi sul pavimento.
Luisa o Lucia era bianca in volto, come se avesse visto qualcosa di tremendo, mentre Fanny era scomparsa. La femmina rimasta ci indicò un carro, parcheggiato al centro del vasto garage, con sopra una bara (una bara? Chi le usa, ancora?) e una sorta di gigante di argilla. Il gigante, come avevamo studiato a teologia, era un golem, con la sua brava scritta “Emet” sulla fronte da alterare cancellando l’iniziale per disattivarlo.
Luisa o Lucia ci disse, invece, che dentro la bara c’era qualcosa di terribile, qualcosa la cui vista Fanny non aveva potuto sopportare, al punto di darsi alla fuga, e che aveva inquietato orribilmente anche lei. L’aprimmo: vi era una strana figura bianchissima, poteva sembrare un cadavere, ma era inerte; inoltre, era senza occhi e con mani fornite di terribili artigli.
Non c’erano dubbi: era la Morte Bianca, quella che aveva fatto strage di Pannacci e dei suoi seguaci, e che evidentemente necessitava di qualche strano rito blasfemo per attivarsi.
Andava bruciata quanto prima, e non esitammo un momento.

Basato sull'avventura di Nicolò Spiriti

giovedì 25 aprile 2019

"Senza Santi non si va in paradiso"


Siccome era quasi l’una, decidemmo di requisire la zuppa come preda di guerra, ma prima di consumarla mandai i due Ospitalieri a recuperare Ventura: questa volta, fu fratello Emilio a ruzzolare dalle scale, ma almeno uno dei due resta sempre in piedi e così il fuggitivo fu catturato. A dire il vero, il Ventura era terrorizzato: si era nascosto lì non per paura della legge, ma della “Morte Bianca”, una imprecisata minaccia di cui aveva parlato Pannacci.
Finita la zuppa e assolto il Masiero, affidammo ai due excubitores vicinovesi il compito di consegnare il Ventura alla Guidotti e, così liberatici di loro, ci incamminammo verso la Chiesa di S. Maria Annunziata di None, dove speravamo di trovare Toaff.
Uscendo dal paese, trovammo il posto di controllo dove erano stati avvistati, nei giorni precedenti, due uomini in fuga: ne approfittammo per interrogare gli agenti lì in servizio, che sfortunatamente non erano quelli che avevano assistito al fatto. A passare, comunque, erano stati un uomo enorme e uno di dimensioni normali; un agente giurava di aver colpito l’uomo enorme, ma senza effetto.



Tavola di Simone Delladio
Basato sull'avventura di Nicolò Spiriti

"Le imprecazioni sono foglie, chi le semina le raccoglie"


Dato che ancora brancolavamo nel buio, ci recammo ai ruderi della casa di Toaff, sita in una frazione. Qui i ritrovamenti furono più interessanti: un sotterraneo dove erano custoditi vietatissimi testi ebraici (Torah inclusa) e, in un vano segreto del camino, alcune lettere in cui un anonimo avvertiva Toaff che i fascisti avevano intenzione di attaccarlo e, in seguito, lo invitava a rifugiarsi nella chiesa di S. Maria Annunciata (sita in un paese a pochi chilometri).
Invece di recarci direttamente lì, anche per levarci di torno i due excubitores locali, decidemmo di tornare alla Domus populi, dove riferimmo quasi tutto alla Gubbiotti, la quale ci diede una lettera trovata sul corpo dell’ex fascista arrestato per ubriachezza: era un testo sgrammaticato, in cui si parlava di entrare in una setta. La Gubbiotti ci mostrò anche il quadro che avevano requisito a casa di Pannacci: in realtà, non era un quadro, ma una foto della squadraccia, scattata dal “camerata Mauro Masiero”. Ebbene, questi idioti di excubitores non avevano notato la scritta o non avevano pensato che fosse rilevante. Noi, grazie alla luce divina che sempre ci guida, capimmo subito che dovevamo recarci da questo Masiero, unico superstite reperibile del gruppo.
Sempre coi due excubitores, ci recammo da lui: i due viconovesi si appostarono sul retro della casa, mentre i nostri bracci armati fecero incursione: fratello Guglielmo si servì dell’elmo per abbattere la porta della catapecchia con una solenne capocciata (visto che era inciampato sulla soglia), fratello Emilio incespicò dentro. Il Masiero, vedendoli entrare, brandì altissimo il cucchiaio di legno con cui stava mescolando una zuppa di fagioli e, terrorizzato, si arrese, confessando che Tiziano Ventura era nascosto in cantina. Poco duri questi ex fascisti.


Basato sull'avventura di Nicolò Spiriti

martedì 16 aprile 2019

Baracca - La Follia-



Strano l’altra sera a Torino essermi imbambolato come un adolescente davanti alla contessa Bottero, strano che il mio fascino non l’abbia turbata… Ogni volta che cercavo di parlarle insieme, uscivano dalla mia bocca parole sconnesse…
Mi sono appena svegliato a Vicus Novus è un inquietante sogno ha turbato il mio sonno ho ancora le palpitazioni. Questo è ciò che ricordo
“Mi ero svegliato sentendo uno strano fruscio, tutti i compagni erano riversi in grosse pozze di sangue, tutti sgozzati, ma con un particolare, a tutti erano stati asportati i bulbi oculari. Il rumore che sentivo all’inizio lo risentii e notai vicino alla porta d’ingresso un grosso gatto nero che si leccava e le zampe sporche di sangue e mi fissava… poi mi sveglia.”
Pur essendo assonnato capisco tutto e la mia mente collega attimi e momenti. Tutto sembra più chiaro come un mosaico che si compone. Il mio 28mo senso mi aveva già avvisato la sera scorsa dalla Bottero, ragionare solo con la mente non sempre aiuta quando si è forniti della virtù meno apparente, tra tutte le virtù la più indecente.
La Bottero nascondeva qualcosa, il gatto che ho sentito nella biblioteca, che tanto ha turbato il mio spirito forse è lo stesso del sogno. Poi quella scena, forse una forma di processo di mummificazione… Le mummie che io sappia a Torino ci sono ancora al museo Egizio, luogo dove la Bottero ha contatti… Tutto torna…
Decido di lasciare all’oscuro della mia visione gli inquisitori, troppo amici di Don Gerardo, che è troppo amico della Bottero. Racconto la storia e i miei pensieri a Guglielmo, che subito mi capisce, e alle due escubitores Fanny e Laura che appena parlato del mio 28mo senso le vedo interessate ad altro e abbassano lo sguardo non mi fissandomi più negli occhi…

domenica 14 aprile 2019

"Tutti ti amano, quando sei 2 metri sotto terra"


Richiamata la mia pettegola scorta ai doveri, ci recammo nella Domus populi, la sede degli excubitores, dove l’unico ad ottenere un risultato notevole fu Fratello Guglielmo, che trovò diverse excubitores intenzionate a dannare la sua anima nel girone dei lussuriosi. Mi auguro che sappia resistere. Per il resto, ci fu solo ribadito il contenuto di un rapporto: prima della strage di Pannacci, alcuni degli ex membri della sua squadra erano stati uccisi da Toaff in casa sua, ma era stata giudicata legittima difesa; dopo la strage, la casa di Toaff era stata distrutta coi colpi di un mortaio rubato dall’armeria della Domus populi. Di tutta la vecchia squadraccia, solo due erano fuggiti a morte violenta: uno era stato arrestato per ubriachezza molesta, solo per morire soffocato dal suo stesso vomito in cella; l’altro, un certo Ventura, era latitante.
Per capirci qualcosa, decidemmo di recarci nei luoghi dei delitti, con due excubitores vicinovesi alle costole. A casa di Pannacci, posta ai margini del paese, trovammo dei segni inquietanti, oltre alla già inquietante croce di sangue disegnata sulla porta (così simile a quella di recenti assassinii accaduti in Torino): una porta rinforzata e abbattuta con forza spaventosa, segni di spari sui muri, graffi profondi nelle pareti. Eppure, anche se tanti uomini armati erano barricati dentro e pronti a resistere, nessuno degli aggressori era stato trovato sul posto. Ispezionando il posto, trovammo alcuni cimeli di stampo illegalmente fascista e notammo che dalle pareti mancava un quadro.


Basato sull'avventura di Nicolò Spiriti

giovedì 11 aprile 2019

"Quel ch'è disposto in cielo, convien che sia"


Eravamo devotamente immersi nelle preghiere delle cinque (fortunatamente, Fratello Emilio aveva ritirato il pupazzo), quando udimmo un brusio provenire da fuori. Guardammo dalla finestra: era un gruppo di cittadini, dal quale si fece avanti un messo che mi consegnò una lettera.
Ebbene, anche nei giorni di congedo avremmo avuto modo di fare del bene! Il padre semplice di Vicus Novus, padre Beniamino, aveva chiesto l’intervento di un Inquisitore per risolvere il mistero degli assassinii di cui ci avevano appena parlato i miei genitori, e Don Gerardo aveva pensato a me! Il principale sospettato, un certo Elia Toaff (un ex partigiano che aveva una antica inimicizia con le vittime, tutte ex fascisti) si era dileguato, ma, secondo padre Beniamino, era un brav’uomo, incapace di simili efferatezze.
Ad essere convinta della sua colpevolezza era, invece, la capa degli excubitores del paese (sì, avete letto bene: una donna a capo degli excubitores!), una certa Annalisa Gubbiotti, una signora sulla trentina che Fratello Emilio trovò subito affascinante per motivi che poco riguardavano l’animo della donna in questione. A suo onore, va detto che la risposta che diede ai tentativi di approccio del nostro poco pio Ospitaliere fu quella che tutti avremmo desiderato dare:
- Piacere tuo.
All’osservazione del mio notaio Mauro (di cui non potrò mai abbastanza lodare la preparazione) che il nonno di Fratello Emilio era un eroe, ella commentò:
- Notevole, perché in lui ravviso le fattezze di un criminale.
Ciononostante, Fratello Emilio, al grido di “Chi disprezza compra!” si convinse di aver colpito la bella lombrosiana. In effetti l’aveva colpita, ma non come sperava.
Ad ogni buon conto, giusto il tempo di prepararci e fummo pronti ad iniziare le indagini. Devo, però, registrare un fatto increscioso: quando io e Mauro tornammo da un breve colloquio con padre Beniamino, trovammo le due femmine e il due Ospitalieri intenti a confabulare tra loro. Ebbi la chiara impressione che si interrompessero al solo vedermi, come se avessero segreti nei miei confronti. È una pessima e sacrilega idea avere dei segreti verso un Inquisitore: dovrò accertarmi di questo aspetto.

Basato sull'avventura di Nicolò Spiriti

giovedì 4 aprile 2019

"Donne, Ragazzi e gatti, la dannazione della chiesa"


Nel frattempo, Luisa o Lucia trovò il modo di sbirciare una copia di “I tre moschettieri” e Fratello Emilio di inseguire il gatto della Contessa, che si chiamava (in modo inopportuno) Cagliostro.
Ad ogni modo, ci ritenemmo soddisfatti della missione e consegnammo il libro a Don Gerardo, il quale in cambio mi diede notizie dei miei genitori, che mi attendevano a Vicus Novus: avevo due giorni di congedo per recarmi a trovarli, con tutta la guardia del corpo al seguito.
Obbedii volentieri e fui contento di riabbracciare i miei vecchi, ma lo fui molto meno quando seppi che a Vicus Novus si era consumata una tremenda sequenza di omicidi: il vecchio Padre Castigatore ((Emanuele Pannacci,un ex fascista) era stato trovato fatto a pezzi nella sua abitazione insieme a nove uomini. Avremmo dovuto indagare.
L’attenzione sui funesti eventi su distolta da Fratello Emilio, il quale tirò fuori dallo zaino il suo amato pupazzo, vestito da aviatore, e lo mise a sedere al tavolo fra noi, parlandogli e fingendo di dargli da mangiare.
Non solo peccatore, ma anche pazzo.