sabato 31 marzo 2012

Sfida tra i mari


Il Mare Nostrum, il Mediterraneo che fin dai tempi di Roma è dato per decreto divino in dominio alla nostra italica patria, è oggi solcato da navi che non solo non riconoscono la nostra sovranità sulle acque, ma addirittura osano sfidare la nostra supremazia, attaccare le nostre coste, infastidire le nostre navigazioni!
Questi infingardi sono vili pirati battenti bandiera turca, su navi il cui equipaggio è un obbrobrioso misto di vivi e di morti. Da oggi, però, anch'essi conoscono la paura e devono inchinarsi alle leggi del Giusto e del Forte: hanno capito che l'Italia è tornata sui mari, e che la breve epoca di licenza e di ferocia già volge al termine.

Conclusi i bagordi veneziani, trovati capri espiatori per le scappatelle dei Fratelli Camerati Ruggiero e Raffaello, ridotta al minimo la pena di Giocondo dopo la dipartita del compianto Novella, ci siamo imbarcati sull'Intrepida Novella (così nomata al seguito della nostra guida spirituale, che è meglio avere nel cuore che al seguito) alla vota di Malta, e presto abbiamo avuto occasione di mettere in fuga disordinata le navi degli ignobili pirati.
Stavamo navigando nella nebbia di marzo al largo della Puglia, quando abbiamo percepito un odore di bruciato: sulla costa, diverse case ardevano, mentre una nave era alla fonda. I Turchi stavano rapendo donne e bambini italiani, per appagare chissà quali sordidi desideri! Atti che sarebbero degni di biasimo persino se perpetrati contro gli Inglesi, figuriamoci ai danni dei nostri compatrioti!

Pur consapevole dei rischi dell'impresa, non volli armare i cannoni, per non mettere a repentaglio la vita dei giovani italici virgulti, futuro della Patria, né i fecondi ventri delle patrie donne, sicché ordinai l'abbordaggio alla nave turca.
La nostra valentia gettò subito nel panico i nostri vili avversari, che non trovarono di meglio che darsi alla fuga, sebbene le loro navi fossero ben tre (come scoprimmo d'improvviso). Una veloce galea ci passò di fianco, distruggendo i remi sul fianco destro, mentre una seconda ci colpiva con due otri di fuoco greco e la terza caricava gli schiavi e si dava alla fuga, presto imitata dalle altre due.
Ma prima che potessero fuggire, Giocondo colpì una nave con una bomba a mano. Riconoscendo il più forte, i turchi scelsero la fuga.
Purtroppo, come spesso succede, i vili hanno ali ai piedi, e per i coraggiosi inseguirli è impossibile. Così (anche considerato che avevamo metà dei remi fuori uso e parte della nave in fiamme) decidemmo di verificare le condizioni del villaggio (e di riparare la nostra nave): tanto, nessun vile può fuggire per sempre.

Infatti, li ritrovammo ancora prima di arrivare a Malta. Forse punti da vergogna per la loro codardia, ci seguirono, senza tuttavia osare avvicinarci. All'imbrunire, infatti, vedemmo una nave turca che ci seguiva, ma il primo incontro era servito a valutare le forze del nemico: le altre due galee non potevano essere lontane (quale vile si allontana dai compagni?). Fratello Raffaello aveva inoltre riconosciuto il capitano dei nostri avversari: era un essere delle peggior specie. Era un morto, tanto per cominciare, poi era un turco, e infine era un traditore! Si chiamava ….., era un calabrese ma si era venduto agli Ottomani, per i quali aveva combattuto come capitano alla battaglia di Lepanto. Bene, noi italiani l'avremmo nuovamente suonato!
Con il favore delle tenebre, dopo aver spento tutte le luci, effettuammo una manovra diversiva per trovarci alle spalle della galea che ci seguiva, e riuscimmo. Ma era presto per gioire: con una improvvisa illuminazione, mi accorsi che le altre due navi erano alle nostre spalle. Non era tempo di temporeggiare: confidando sulla superiorità conferita dall'italica ingegneria navale e dal valore dei nostri militi, ordinai di affiancare il nemico e di cannoneggiarlo.

Disgraziatamente, la precisione di tiro dei Fratelli camerati non è pari al loro valore, e riuscimmo appena a danneggiare la galea nemica, che invece riuscì benissimo a speronarci, bloccandoci (anche se la nostra corazzatura resse molto meglio della loro): subito, i turchi si diedero all'abbordaggio.
I Romani, nella loro imperiosa espansione, dimostrarono una invincibile forza in terra, ma a volte si trovarono in difficoltà sui mari. Così capita anche agli Italiani, moderni Romani, e infatti i turchi della prima galea ci abbordavano con successo a dritta, mentre a manca fummo speronati anche da una seconda galea, ma questa volta non ci lasciammo cogliere di sorpresa. Ci aspettavamo infatti la manovra di speronamento, e decidemmo di scaricare una funesta salva di cannonate sul vascello che sopraggiungeva.

Disgraziatamente, nemmeno la perizia nell'uso delle polveri dei Fratelli camerati è pari al loro valore, sicché l'esplosione non travolse gli infedeli, ma si fermò nel ventre della nostra nave, portando comunque danni limitati alla nostra struttura. Anche la seconda galea pirata, comunque, era ora agganciata alla nostra.

Ed ecco, i pirati erano in trappola!
Avevano commesso un errore nello speronarci, ora le loro navi erano incastrate alla nostra, e non potevano più fuggire, come uso fra i vili. Fratello Ruggiero si lanciò sulla nuova nave alla testa di un pugno di soldati, e compì prodigi di valore tenendo testa al numeroso equipaggio, mentre i morti incatenati ai remi gemevano in modo orribile.
Sull'altro fianco, eravamo io, Giocondo e Raffaello ad opporci, con i nostri uomini all'incalzante marea turca che si riversava sull'Intrepida Novella.

Disgraziatamente, neppure l'abilità nel combattimento all'arma bianca dei Fratelli camerati è pari al loro valore, e in breve la situazione su questo fianco diventò critica. Giocondo riusciva con fatica, e riportando gravi ferite, a tenere la posizione, mentre Raffaello si lanciava intrepido sulla galea nemica, guadagnando il timone per allontanarla dall'Intrepida Novella: tali erano i danni causati nello scontro che, se ce l'avesse fatta, il vascello turco sarebbe certamente affondato.

Disgraziatamente, nemmanco l'abilità al timone dei Fratelli camerati è pari al loro valore, e Raffaello, nel tentativo di disingaggiare il galeone nemico dalla nostra galeazza, ci provocò danni ingenti e una falla dalla quale l'acqua entrava abbondante.

Ed io ancora resisto, resisto di fronte alla marea dei turchi che incalzano da ogni parte, ma sento il sangue scorrere, infradiciare i panni sotto la corazza, e frammisto a quello dei nemici c'è il mio. Sono sempre più debole...

Infine, per le troppe ferite riportate mentre, da intrepido comandante, pugnava alla testa della sua truppa, Orlando perse i sensi.
Dicono che fu trascinato fuori dalla zona degli scontri, dicono che fratello Raffaello gli prestò i primi soccorsi, gli dicono che a quel punto si rialzò, con la forza di una furia, che iniziò a lottare con un valore e con una forza mai vista, incitando i militi e menando strage dei nemici al punto da riguadagnare in breve tempo i terreno perduto e da ricacciare in mare i turchi che avevano abbordato l'Intrepida Novella, mentre Ruggiero liberava donne e bambini prigionieri sull'altra nave, vi dava fuoco rovesciando le loro riserve di fuoco greco e tornava sulla galeazza.
Dicono che una delle due galee dovette ritirarsi malconcia, mentre l'altra era affondata. Dicono che fu una vittoria, dicono che Orlando si accasciò non appena il pericolo fu passato, e fu acclamato come un eroe dalla truppa.
Ma nulla di tutto questo giunse alla sua mente, infinitamente lontana...


domenica 25 marzo 2012

Chi di rogo punisce nelle ceneri perisce (ovvero il ritorno di Adolf)


Finalmente una festa e un po’ di donne. Abbiamo lasciato Malta e ora a Venezia tutti ci acclamano come eroi. Ad un tratto una donna bellissima si avvicina a me… non so chi sia, ma sento di conoscerla. Il cuore mi batte forte, le mani mi sudano e la voglio.
Lei mi afferra e mi porta a ballare. Ad un tratto noto sul suo collo una grossa cicatrice quella ferita apre uno squarcio ben più grande nella mia memoria. Lei a quel punto mi sussurra un nome ADOLF, il mio.
La memoria mi torna di colpo, la donna che ho tra le braccia non è calda ma fredda come il ghiaccio. Lei è la strega che ho amato, con cui ho giaciuto e a cui ho tolto la vita. La testa mi scoppia, Giocondo non è mai esistito, le mie personalità multiple prendono il sopravvento e non mi controllo. Inizio a colpire la gente a casaccio e a scatenare una rissa. Per fortuna Orlando mi ferma.
Stordito mi sveglio in cella l’ultimo volto che ricordo è quello di Novella. E’ talmente malato e malridotto che neanche mi riconosce, ma come suo solito mi accusa, borbotta un po’ di dottrina e chiede che sia imprigionato.
Chiedo di parlare con lui, ma poco dopo capisco che è un errore. Quando gli dico chi sono anche se sotto giuramento di confessione mi rinfaccia il mio comportamento in Francia, l’abbandono e il tradimento di cui mi sono macchiato. La sua è ira nei miei confronti, penso mi ritenga responsabile anche della sua pessima condizione di salute e cecità. Dice di assolvermi ma in realtà mi condanna al rogo. Stupido ottuso come sempre per lui perdonare fa rima con bruciare e l’unico perdono rappresenta il rogo.
Passo la mia ultima notte a ricordare il mio passato anche se so che alla mattina arriverà la mia fine. Quando tutto sembra finito Orlando arriva gioioso a comunicarmi che Novella è morto nella mattina, la mia punizione si trasforma in venti frustate che sono ben poca cosa sul mio corpo anche se rispetto al passato mi sento molto più debole.
Riesco ad assistere al funerale di Novella, ora l’ottuso predicatore è solo un'urna piena di ceneri che vengono sparse in mare. Io, Adolf Stettermayer, come la fenice dalle ceneri risorgo.  
Mentre assisto al funerale  mi ritorna alla mente Carlitos il mio maestro. Siamo stati catturati dai nazisti e mentre io ed i nostri compagni siamo stati deportati, lui e il suo fido compare sono scappati, ma non so dove. Anche se tutto ora sembra impossibile devo ritrovarlo forse è in pericolo, nel buio che ci avvolge ora c’è una piccola luce. Seguirò le parole del mio maestro che  mi insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire...

sabato 24 marzo 2012

L'Intrepida Novella


Un pò di storia per informarvi sulle origini della vostra nave ammiraglia: L'Intrepida Novella:
 La galeazza è un tipo di galea da guerra, costruita a Venezia a partire dal XV secolo e usata principalmente nel Mar Mediterraneo a partire dal XVI secolo. Si differenziava dalla comune galea sottile per le maggiori dimensioni, il gran numero di artiglierie e la possibilità - esclusiva tra le galee - di effettuare il tiro laterale.
Questi navi, utilizzate per la prima volta dai Veneziani di Sebastiano Venier nella battaglia di Lepanto, rappresentarono il passaggio tra la galea e il galeone.

Caratteristiche e sviluppo 

La galeazza era usualmente dotata di 3 alberi a vele  quadre (le più grandi avevano 4 alberi), castello di prua, castello di poppa (questo modello era già stato sviluppato nella caracca e successivamente nel galeone del Mediterraneo) e due ponti. Poteva portare dai 32 ai 46 banchi di rematori (remi a scalaccio) e montare 36 grossi cannoni, più altri di minor dimensione.
La galeazza era sviluppata sulla base di larghe galee mercantili dette galee grosse, da tempo non più convenienti in seguito alla riduzione dei traffici mediterranei. Poiché venivano convertite per l'uso militare dovevano essere tendenzialmente alte e larghe (anziché leggere); montavano un elevato numero di cannoni, che venivano posizionati per la maggior parte lungo i lati sparsi qua e là tra i remi e nel castello di prua.
Il modello della galeazza venne sviluppato dalla Repubblica di Venezia che riuscì quindi ad ottenere navi che potevano competere con le galee ordinarie.
Ne vennero costruite relativamente poche, ma ebbero comunque molta importanza, in particolare nella battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), durante la quale l'essere alte di bordo e la potenza di fuoco delle sei galeazze veneziane presenti (al comando del provveditore Francesco Duodo), impiegate per la prima volta, furono determinanti nel portare alla vittoria la flotta cristiana. Le galeazze furono apprezzate anche dal grande ammiraglio veneziano Francesco Morosini, tanto che una di queste imbarcazioni fu da lui scelta come ammiraglia della flotta. Quattro galeazze, atte a tenere il mare, accompagnarono anche l'Invincibile Armata nel 1588 (ad es. La Girona).
Le acque poco profonde, le coste frastagliate, il clima mite e i venti debolmente variabili del Mediterraneo permisero alle galee e alle galeazze di sopravvivere fino agli inizi del XVIII secolo.

Tratto da Wikipedia

L'estremo saluto


I miei affari mi hanno infine riportato nel Sanctum Imperium, qui devo sistemare alcune questioni in sospeso con un mio ex amico...
Appena varcati i confini dell'Iperium sono stato colto da una visione, ho visto la fine del povero Novella. Il poveretto è morto sputando sangue ma senza mai rinnegare la sua fede, in questo periodo che mi ha visto allontanarmi dai canoni della fede di Roma ho sentito molti uomini imprecare il loro dio prima che ponessi fine alle loro misere esistenze, ma lui no... il buon Novella nella sua ottusità aveva l'animo puro come quello di un animale.
Mi sono quindi diretto a Venezia, mi sembrava doveroso presenziare alle esequie del prete, infondo abbiamo combattuto insieme e rendere onore ad un combattente lo trovo doveroso, in fondo sono sempre un templare!
La carica di cappellano degli Ospitalieri lo doveva aver reso un personaggio in vista, alla funzione presenziava una folla di persone degna di un aristocratico! Tra tutta quella gente scorsi anche facce conosciute, il mio sguardo incrociò quello di Joaquin, ci salutammo con un gesto del capo. Tra di non vi è animosità, abbiamo solo scelto strade diverse che non è detto si incroceranno ancora. Gli auguro buona fortuna nella sua ricerca.
Ho visto quel buffone di Adolf vestito da Ospitaliere, lui non si è accorto di me, ma quella sottospece di escrescenza di Jaques non si accorgerebbe neanche di un tigre che gli passa sui piedi!
Questo nuovo corpo militare comunque ha destato il mio interesse, ho individuato alcuni soggetti con doti interessanti. Ho fatto molto bene a deviare il mio cammino fin qui a Venezia, ho avuto modo di notare molte cose interessanti tra le quali la quantità di morti che camminano tranquillamente alla luce del sole e quali importanti cariche essi ricoprano!
Riposa in pace Novella, spero che ora tu sia in un posto dove ti è più chiaro a quante menzogne la tua vita è stata sottoposta.

Ora devo andare, so che mi stanno aspettando... anzi, mi sta aspettando!

venerdì 23 marzo 2012

L'ultima lieta Novella


Sia resa gloria al Signore, che attraverso le spade degli Ospitalieri da me indegnamente istigati alla Sacra lotta ha liberato Malta!
I Sacri Segni di Nostra Santa Madre Chiesa Cattolica Apostolica Romana finalmente troneggiano su quello scoglio mediterraneo, già roccaforte della Fede, da troppi anni corrotto dall'orrida eresia anglicana, e recentemente dalla blasfema convivenza di Morti e vivi (anglicani) sotto la guida di un Emissario di Satana.
Visitando l'isola abbiamo scoperto luoghi e costumi da far fremere d'indignazione: La Valletta era ridotta ad un allevamento di uomini, tenuti alla stregua di armenti dai morti agli ordini dell'Emissario di Satana per i loro osceni appetiti, con il beneplacito degli anglicani. Eppure, poiché il Signore perdona, io decisi che, se c'erano anglicani ancora nascosti, essi dovevano essere assolti dei loro peccati (prima di essere mandati al rogo, s'intende), affinché la loro anima fosse salva. Feci anche istituire un sistema di megafoni per annunciare questa lieta novella ovunque su Malta, tacendo la parte relativa al rogo, in quanto cuori non ancora puri né toccati dalla conversione potrebbero essere scoraggiati da una simile prospettiva, non comprendendo che è per la loro salvezza eterna. Una volta, una volta anche io decisi di perdonare un grave peccatore non solo nello spirito, ma anche nel corpo, risparmiandogli il rogo, ma fu un errore. Alla prima occasione, lo scellerato rinnegò la sua promessa di conversione, macchiando la sua anima nera anche con l'ipocrisia e con il tradimento. Ah, avessi bruciato Adolf a suo tempo, ora la sua anima sarebbe pura in cielo!
Ma non commetterò più simili errori con i peccatori.

Mentre io mi dedicavo a tale meritoria e pia opera, gli Ospitalieri badavano anche a quelle faccende destinate a sostenere il corpo degli uomini, che se pure paiono poco rilevanti rispetto alle questioni di fede, hanno tuttavia la loro dignità.
Fratello Orlando, con i suoi luogotenenti Ruggiero, Raffaello e Giocondo presero in mano la situazione, e devo ammettere che svolsero un egregio lavoro: anche grazie ai coloni che giunsero a centinaia dall'Italia, avviarono alcune attività. Una segheria, utile a costruire navi idonee a raggiungere altre lande popolate da infedeli per convertirli (e anche per pescare); una fonderia, atta a costruire cannoni e proiettili per bombardare i suddetti infedeli; un monastero benedettino con monaci addetti alla costruzione di expiatores (necessari a segare e fare a brani i già citati infedeli, oltre che i morti) e alla distillazione di medicinali, anche per l'ospedale approntato da Fratello Raffaello (indispensabile perché non di rado gli infedeli reagiscono e feriscono i buoni cattolici), più altri centri per trattare gli alimentari.

Passarono i mesi, Malta fioriva, ed il Papa stesso era così lieto delle nuove che di qui giungevano da decidere di proclamare una grande celebrazione in onore degli Ospitalieri. Fu una certa Vanessa la figlia di uno dei Maestri dell'Ordine a portare la convocazione, assieme a molti tesori e a non poche inquietudini, dacché molti degli Ospitalieri non paiono avere bene inteso il voto di castità, e si dice che la donna in questione sia molto avvenente. I miei occhi non la possono più vedere, ma sono certo che si tratta del prototipo di tentatrice, la novella Eva con la sua mela di lussuria. Dovrò vigilare, e se necessario punire duramente i monaci Ospitalieri che dovessero deviare dal loro cammino di castità.

A febbraio io, il Reggente, i Fratelli Orlando, Raffaello e Giocondo, assieme ad un picchetto d'onore, ci imbarcammo alla volta di Venezia per la grande celebrazione. Lungo la navigazione trovammo, ahimè, pezzi di una nave che non era mai giunta a Malta, e fra di loro un brandello della bandiera dei pirati turchi. Se quei cani infedeli erano tornati a solcare il Mediterraneo, gli Ospitalieri avrebbero avuto molto da lavorare, ma sapevamo di avere il Signore dalla nostra parte.
La celebrazione a Venezia fu grandiosa, il Papa stesso officiò la Sacra funzione, alla presenza del Santarosa che si felicitò con me di persona.
Disgraziatamente, era anche periodo di Carnevale, e non appena i personaggi più Santi e autorevoli si allontanarono, non appena io mi ritirai smettendo di diffondere il mio benefico influsso, molti Ospitalieri si abbandonarono ad una festa indegna del simbolo che decora i loro petti: ballavano con donne, bevevano, addirittura litigarono.
Stando a quanto mi fu riportato, Fratello Giocondo, forse ottenebrato dal vino, diede in escandescenze, e solo il pronto accorrere del suo superiore, Fratello Orlando, che lo mise a tappeto con un preciso pugno evitò il peggio. Ma non era tutto: il mattino dopo, quattro giovani nobildonne veneziane furono ritrovate nude, completamente ubriache e con i chiari atti di un rapporto sessuale. Ebbene, erano state viste allontanarsi con due (due!) Ospitalieri. Per le donne, deboli di natura, potevano bastare alcune frustate, ma per i due monaci ci voleva una punizione non inferiore al rogo!
Le indagini per scoprire di chi si trattasse partirono immediatamente.
Ma ciò che più mi sconvolse fu la visita a Fratello Giocondo, che mi chiamò per essere confessato. Lieto come al solito di soccorrere un'anima in pena, lo raggiunsi subito nella cella nella quale era stato trasportato: qui ebbi una sorpresa incredibile.
Non posso rivelare ciò che mi rivelò sotto il vincolo della confessione, ma quell'uomo che si faceva chiamare Giocondo era in realtà Adolf!
Lo assolsi, e ringraziai dal profondo del mio cuore il Signore che mi concedeva di porre rimedio a quell'errore che tanto mi tormentava, il non aver mandato al rogo Adolf prima che potesse ricadere nel peccato! Ma non avrei sbagliato ancora, la sua anima doveva essere salvata, prima che tradisse e peccasse ancora. Decisi dunque di assolverlo, e subito mi affrettai verso la sede dell'Ordine per mettere a punto la condanna al rogo.

Lo sventurato Novella non giunse mai a mettere in atto la sua nobile e misericordiosa missione: un accesso di tosse, naturale decorso della malattia che lo affliggeva da tempo, lo colse e mise fine alla sua vita terrena.
Fu bruciato, e le sue ceneri, prima di essere disperse, furono esposte al pubblico cordoglio: immensa fu la folla che salutò colui che aveva ispirato la liberazione di Malta con la sola forza della Fede (e si ignorava il segreto atto eroico, portare la Santa Bomba nelle mani della Chiesa). Gioivano, invece, i malvagi, gli ipocriti e i peccatori, conoscendo che veniva meno il peggiore dei flagelli per la loro malvagità.
Gioivano Fratello Giocondo, che si era risparmiato il rogo e che fu rilasciato con poche frustate, gioivano i Fratelli Ruggiero e Raffaello che evitarono le indagini a loro carico e le gravissime conseguenze, e non poté rattristarsi troppo nemmeno Fratello Orlando, anche se la sua scappatella amorosa con Vanessa in quella notte di baldoria, condotta con discrezione, era rimasta segreta.


Ma, ora, che sarebbe stato dell'Ordine? Sarebbe sopravvissuto alla perdita del suo leader spirituale, o si sarebbe lasciato schiacciare dai vizi, dal peccato, dalle brame dei suoi poco ascetici membri?

lunedì 19 marzo 2012

Malta nun fa la stupida...


Mai più mi sarei aspettato di scrivere le prime pagine del mio diario da Ospitaliere nel giaciglio di un ospitale da campo.
Malta è presa, ma su di me e gli altri due le cicatrici di quest'impresa rimarranno indelebili per colpa del solito idiota esaltato in cerca di gloria, tanto me la paga questa er fijo de mignotta.
L'impresa è riuscita grazie alla nostra preparazione militare ed il fatto che gli inglesi erano pochi, anche se i loro ranghi erano farciti di morti controllati dal loro colonnello. Me chiedo come cazzo se fa a farse comandà da 'n morto, capisco che loro son sempre stati quadrati de cervello, ma se se risvejava come simplex che facevano? Annavano in giro a sbavà e rosiccarse le caviglie?
La parte più difficoltosa dell'operazione è stata lo sbarco iniziale, essendoci pochi punti di attracco e la conformazione dell'isola tale da renderli dei perfetti punti da imboscata, la nostra operazione rischiava di essere un massacro. Fortunatamente gli uomini reclutati sono tutti ex militari che non si sarebbero mai potuti reintegrare nel Sanctum Imperium, questo li ( ci ) rende delle bestie ben addestrate che nella loro vita sono in grado di far bene solo una cosa, ammazzare altre bestie addestrate ma con una divisa diversa.
Lo sbarco, la creazione di una testa di ponte e la presa della prima fortezza tutto sommato sono state piuttosto facili ed abbiamo perso pochi uomini, alla fine ne sono caduti di più sotto i colpi di mazza dell'ospitaliere morto che sotto quelli dei mitra. A proposito dell'ospitaliere, ma com'è possibile che si sia svegliato sto energumeno morto da un paio di centinaia di anni? Non si svegliano solo i morti "freschi"?
La presa della seconda fortezza è stata un po' più complessa, ci son voluti due tiri fortunati con le granate, altrimenti avremmo dovuto sudare un bel po' di più, ma sopratutto lo scontro col colonnello inglese... mai visto un morto menar mazzate così gagliarde! Manco dopo che gli ho tolto un braccio ha smesso di menare come un fabbro! Pure il dottò gli ha staccatgo la testa dal collo, ma quello parea manco essersene accorto! Me cojoni che male che c'ha fatto!
La situazione si è risolta quando il cojone ha smesso di menare quello sbagliato, per venire a fa la cazzata di menare la testa che era già staccata da un pezzo ( essì le orecchie di un diabolico posso fa danni incalcolabili! ce vuole coraggio a menare un naso armato come quello! ), per poi infilare una granata nella collottola del colonnello e scappare, peccato tra tutti era l'unico non ferito ( perchè Ludovico non gli aveva menato come si deve quando lo attaccava! ) e quindi l'unico che potesse scappare! Gli è annata male che non so' morto pure io!
In ogni caso questa esperienza mi ha dato modo di conoscere meglio i miei compagni, e farmi un'idea su di loro...
Fratello Orlando alias Ludovico è un'amico, anche se lo vedo troppo preso dal suo ruolo di ufficiale, adesso s'è pure preso bene delle cazzate fasciste che vaneggiano sti quattro scappati da casa. Le sue capacità tattiche sono pari a zero, ma almeno è carismatico con la truppa che lo segue ciecamente, e questo è assolutamente un bene! Tra tutti gli ufficiale figli di papà almeno lui è capace di menar le mani e la spada!
Fratello Raffaello è stata la vera sorpresa, subito mi ha dato l'idea del frocetto senza palle invece è un gran manico. Sta mezza sega d'un dottore sa sparare, combatte come un'omo vero ed è anche in grado di ricucirti, fosse pure na bella sorca sarebbe perfetto! Mi ha impressionato sopratutto la velocità con cui pensa ed agisce, un esempio è stato quando sulla barca mi stava cascando la granata e lui dopo averla presa al volo ha fatto pure un bel centro sulla postazione del mitragliatore.
Fratello Giocondo ha dato piena dimostrazione delle sue capacità, avesse il cervello grosso un quarto della sua bocca sarebbe un genio! Sa solo sparà cazzate, combatte peggio di mi zia Cesira che c'ha 84 anni e a parte du tiri buoni di granata ( di cui uno s'era pure dimenticato di staccà la linguetta ) zero assoluto! E lo rimetto per iscritto che dopo la cazzata della granata col colonnello me la paga!

domenica 18 marzo 2012

3 ESPLOSIONI: NON E’ UNA FESTA MA L’INIZIO DELLA LIBERAZIONE


Avanzo con il piccolo manipolo, tra loro tutti mi pongo in prima fila, io Giocondo, figlio dell’antica scuola di bombaroli genovesi del X MAS. Fiero con il petto gonfio porto la missione italica nel cuore. La liberazione dell’isola dalla feccia inglese sia viva che morta è un dovere.
Pronto e preciso con il mio sguardo vigile tengo una mano sulla granata e l’altra sul petto la prima serve ad uccidere l’altra a nascondere al cuore la cruda visione dello strazio dei corpi.
Le granate e gli esplosivi bellici sono come figlie ed ad ognuna bisogna dar loro un nome per far ricordare l’eroico gesto:
AUGUSTA : la sua esplosione è il primo atto dell’invasione della fortezza. Lei esplode coperta dal fragore del bombardamento alleato e porta con se il primo gruppo inglese. Avanziamo quindi senza problemi.
GEMMA: tanto è il suo valore. La lancio per far saltare il meccanismo che apre il ponte levatoio. La mia abilità nel lancio è però superiore, nell’esplodere oltre essere  distrutto il meccanismo si blocca anche l’inferriata della portone e viene ucciso un soldato in lotta con  Orlando. Può quindi accedere alla fortezza senza problemi l’esercito ospitaliero!
ADDOLORATA: focosa come una donna del sud ma nello stesso tempo triste. Arriviamo davanti al morto inglese. Il capo di questo viscido miscuglio di razze. I suoi poteri superano la nostra immaginazione. Il mio volere che prima si piega al suo, portandomi a ferir non poco il compagno Orlando,  si ritorce contro lui stesso(per forza!! Hai voluto usare il tuo tarocco del Diavolo quando si tratta va di decidere la locazione del danno!!!ndr). L’italica anima non può essere dominata da una simil creatura.
 Ruggiero e Raffaello son in fin di vita pugnado contro l’orrido inglese, Orlando anche, ma ero io la sua pena. Fuori dal suo controllo mi getto contro lui, la mia velocità è tale che i compagni neanche se  accorgono. Son li di stucco : lui mi ferisce e non poco, ma io lo colpisco alla testa(la testa mozzata giaceva a terra già da tempo, ndr), resta immobile peccato che nella stessa condizione siano i miei compagni basiti dalla mia abilità. La granata incendiaria la metto nei vestiti che indossa e scappo. Mi addolora che gli altri ad osservarmi si siano ustionati, si vede che sono della Folgore, noi del X MAS abbiamo una superiore dimestichezza con gli esplosivi…
Ho salvato le vite di lor tutti,  la fortezza è nostra!
W l’italica razza.

L'Italico manganello raddrizza il vile figlio di Albione


Fiero e imperioso, l'italico vessillo sventola oramai sulla più alta torre della fortezza di Malta, che si credeva sicura per le mura, ma che nulla ha potuto contro il vigore di militi votati alla Patria! La canaglia anglo-non morta è stata punita dal sacro e italico manganello!
Io, fratello Ruggiero e fratello Raffaello ci troviamo nei letti di un improvvisato ospedale da campo per lenire le ferite riportate in battaglia, invero più per la codardia degli amici che per la forza dei nemici: sempre, il pericolo maggiore si annida dove non lo sappiamo vedere. Ma poco conta: la fortezza è nostra, presto ci rimetteremo e il nostro braccio tornerà forte e vigoroso al servizio della patria, e in particolare urge prendere il controllo di tutta l'isola, anche se il più sembra fatto: alcuni esploratori hanno riferito, comunque, che esistono ancora comunità di vivi che saranno certo fieri di diventare Italiani (o Figli del Signore, come sbraita Novella).

Bisogna però essere sinceri: la rocca era ben costruita, e prenderla non sarebbe stato facile, anche se nel frattempo erano sbarcati, sul territorio reso sicuro, quasi tutti i fratelli militi, e anche il Reggente. Anche così, non avremmo vinto se non a prezzo di molte, troppe vite di italiani, se non avessi avuto una felice ispirazione, e se non avessi avuto con me commilitoni valorosi. Io sapevo che esisteva un cunicolo segreto che, dalle rocce alla base della fortezza, portava alle sue cantine: un antico cunicolo di fuga, oramai dimenticato. Non so come potessi sapere della sua esistenza, semplicemente lo sapevo. Inventai di averlo trovato su antiche carte, per essere credibile di fronte al Reggente, ma in realtà la certezza non si sosteneva sul nulla.
Ci muovemmo con il favore delle tenebre. Di fatto, il cunicolo c'era, e lo trovammo proprio dove avevo immaginato. Eravamo io, fratello Ruggiero, fratello Raffello e fratello Giocondo: pochi coraggiosi per una sortita, con il compito di aprire il ponte levatoio all'invasione dei commilitoni.
Il budello, parte naturale, parte artificiale, conduceva, tramite una porta segreta troppo mal celata per l'italico genio, alle cantine, dalle quali, coperti da un fitto fuoco di copertura dall'esterno (più che altro per creare confusione: la nostra artiglieria non era tale da nuocere alla fortezza) giungemmo ad un'ampia stanza adattata a dormitorio, dove si trovavano quattro inetti inglesi, agitati per il cannoneggiamento. Vili.
Sapevamo che i figli d'Albione sono dei codardi: se li avessimo attaccati in corpo a corpo, sarebbero fuggiti a dare l'allarme invece di battersi da uomini, così decidemmo di eliminarli con una granata. Se ne incaricò il nostro “esperto” di esplosivi, fratello Giocondo, che fece cadere la bomba attraverso la grata. Disgraziatamente, nella fretta, si dimenticò di innescare l'arma. Ci venne in aiuto l'anglica stoltezza: evidentemente, il soldato che vide l'oggetto per terra non conosceva il modello, esclusivo del Sanctum Imperium, non lo riconobbe come una bomba, lo innescò inavvertitamente. Morirono tutti, così dilaniati che non fu nemmeno necessario farli a pezzi.
Restammo un istante in ascolto: l'esplosione era stata scambiata, da fuori, per un colpo di artiglieria, così potemmo sgusciare fuori. Subito, l'obiettivo ci fu chiaro: con un colpo preciso di granata si poteva distruggere il meccanismo che teneva sollevato il ponte, ma c'era un problema, anzi due: due, come i Bren sulla torre davanti al ponte, che avrebbero falcidiato gli aggressori. Andavano eliminati, e ce ne occupammo io e fratello Raffaello: dissimulandoci fra le ombre, arrivammo sul luogo, piombammo sugli inglesi, e stavamo ancora finendo di affettarli quando fratello Giocondo pensò di riscattare il goffo lancio di bomba precedente con un tiro a dir poco spettacolare: gli anni di esercitazioni erano serviti, alla fine! L'esplosione non solo distrusse il meccanismo del ponte levatoio, facendolo cadere, ma bloccò anche la grata: la porta della fortezza era spalancata, gli Ospitalieri invasero la rocca.

Avevamo, però, ancora un conto in sospeso: quello con il famigerato Colonnello inglese. L'avevo già visto bene, quella mattina, dall'alto della piccola rocca, intento ad osservare le navi che arrivano da quella che, ancora, era la fortezza anglo-non morta, e a coordinare un vano cannoneggiamento. Mi aveva guardato, come se avesse percepito il mio occhio, e improvvisamente avevo avvertito un pericolo: uno dei nostri, un Ospitaliere, mi stava attaccando! Lo evitai, e l'uomo fu immobilizzato. Che essere era colui che, a centinaia di metri di distanza, riusciva ad insidiare un cuore italico?

Ce lo trovammo di fronte nel mastio, nel cuore della fortezza, il volto in parte putrefatto contratto in un ghigno demoniaco: di certo il Colonnello apparteneva a quella schietta di Morti che nel Sine Requie sono definiti Diabolici( se ti sentisse il Novella, ndr). Devo ammettere che, nonostante il sacro fuoco che alberga nei nostri cuori impavidi, nel vederlo un rapido brivido ci corse per la schiena. Fu un attimo, poi ignorando le sue altisonanti minacce ci disponemmo ad attaccarlo. Eravamo di nuovo solo noi, noi del manipolo che era penetrato attraverso il passaggio segreto. I suoi nemici peggiori, alla resa dei conti. Lui, del resto, era morto, diabolico e inglese: si può immaginare una feccia peggiore? Eliminarlo era un dovere non solo di fronte alla Patria, ma davanti all'umanità intera.
Di nuovo, il suo primo attacco fu mentale, e colse probabilmente l'elemento più debole ( a livello mentale ovviamente, ndr), ossia fratello Giocondo, il quale subito si avventò contro di me brandendo la sua minacciosa mazza. Io non potei che difendermi, mentre fratello Ruggiero e fratello Raffaello si gettavano direttamente contro il morto.
La lotta fra me e Giocondo era in stallo, egli mi attaccava con violenza, senza riuscire tuttavia a ferirmi, mentre io mi difendevo senza volergli nuocere (mah, vedo una sottile distorsione della realtà, ndr), sperando che ritrovasse il senno. Ma i miei compagni, oh, loro menavano fendenti degni di entrare nella leggenda! Colpi che avrebbero fatto stramazzare un bue parevano appena essere avvertiti da quell'essere demoniaco, che a sua volta vibrava fortissimi colpi con la sua sciabola. Un fendente di Ruggiero lo menomò di un braccio, ma egli rispose con un nuovo attacco magico: uno sguardo, e Ruggiero ardeva, costretto a gettare via l'armatura, ed era costretto a strapparsela di dosso, ferito.
Quando tutto sembrava volgere al peggio, a Raffaello riuscì un attacco invero notevolissimo: la sua lama recise di netto la testa del morto, che non per questo cessò di lottare, ma quanto meno era indebolito e perse per un momento il contatto con il suo succube Giocondo.
Cosa successe allora nella sua mente? Cosa pensò Giocondo?
Sul momento, io ero convinto che avesse recuperato le facoltà mentali, e infatti si avventò sulla testa mozza del Colonnello e la fece a pezzi con un preciso colpo di mazza, sicché corsi a dare man forte a Raffaello, spada in pugno, nel corpo a corpo finale.
Oramai tutto volgeva a nostro favore, ma non avevamo considerato un elemento: la follia, che in ogni momento può cogliere gli uomini.
Cosa mai passò per la mente di fratello Giocondo?
Forse la sua mente era ancora sconvolta dal controllo esercitato su di lui dal demoniaco Colonnello, e ora vedeva tutti, sia il mostro, sia noi come suoi nemici?
Forse voleva eliminare insieme lui e noi, in modo da assumersi pienamente e da solo la gloria dell'impresa?
Forse è un vile, che non esita a mettere a rischio la vita dei compagni per salvare la propria?
Forse, semplicemente, si tratta di uno psicopatico incapace di vedere le conseguenze delle sue azioni?
Negli ultimi tre casi, dovremo valutare cautamente se sia opportuno tenerlo fra di noi, a rischio di trovare in ogni momento un pericolo fra le nostre stesse fila.
Ad ogni conto, pensò bene di gettare una bomba incendiaria sul Colonnello impegnato in corpo a corpo con noi. La deflagrazione fu tremenda, il mostro ne ebbe danni tali da essere ridotto a risultare del tutto inoffensivo, ma noi non eravamo in condizioni molto migliori: Ruggiero, già ferito in modo abbastanza grave ma che per fortuna si trovava un po' discosto, cadde a terra ustionato e privo di sensi, forse in coma, io e Raffaello fummo ancora in grado di trascinarci fuori, sulle nostre gambe, a cercare aiuto, mentre l'infame Giocondo esultava per la sua bella impresa.

Impresa di cui io e gli altri porteremo per sempre il ricordo, sotto forma di cicatrici indelebili sulle nostre carni.

domenica 11 marzo 2012

Malta beach e il nemico che non ti aspetti


Quei pochi morti che ci avevano attaccato, benché feroci, non erano che una prima avvisaglia di quanto avremmo trovato sul suolo di Malta. Quando quelle fighette dei Templari hanno liberato il suolo italico dai morti avranno fatto anche un egregio e meritevole lavoro, ma scommetto che non trovavano simili difficoltà: morti e vivi che combattono assieme contro di te. Ci vogliono eroi, veri italiani in questi casi.
Avevamo appena fatto a brandelli i morti che ci avevano abbordato, quando cominciarono i cannoneggiamenti. E già questo puzzava: i morti, anche quelli cattivi, attaccano, graffiano, mordono, sbranano, a volte usano l'arma bianca, ma non cannoneggiano, e se li tieni a distanza puoi farli a pezzi serenamente. I vivi, invece, ti attaccano da lontano. Oppure lo fanno quei morti quasi leggendari, che nessuno vorrebbe mai incontrare.
E anche i morti normali non sono semplici da incontrare.

Ad ogni modo, dall'isola ci cannoneggiavano, e nonostante la nebbia anche con una certa precisione: un colpo fortunato, anzi, centrò in pieno la poppa, causando diverse vittime e, tra l'altro, colando a picco il segnalatore con il quale avremmo dovuto, entro dieci ore, segnalare ai nostri compagni ancora al largo di non cannoneggiarci. Un bel problema. Ora diventava vitale prendere la piccola fortezza: solo da lassù, sosteneva Ruggiero, avremmo potuto segnalare la nostra posizione con bandiere, non appena si sarebbe diradata la nebbia.

Calammo le scialuppe, e fui io che, forte del mio istinto di veneziano, le guidai sicuro alla costa. Sbarcammo, e già si stava preparando il comitato d'accoglienza: uno stuolo di morti avanzava davanti, desideroso di calmare la grande fame dei defunti, e nel frattempo dai lati dei soldati inglesi ci sparavano addosso.
Sapevo che questa razza d'Albione fosse infingarda e debole, ma non pensavo che fossero così abbietti da allearsi con i morti, con coloro che si nutrono di carne umana. Non tutti, del resto, hanno l'italica forza, e, ad essere obiettivi, qualcosa non andava: i morti che avanzavano verso di noi erano molto più vicini agli inglesi, quindi agivano in barba all'istinto che porta tutti i morti ad attaccare il vivo più vicino.
Chiaro come il sole che c'entrava l' “emissario di Satana”, come lo chiamava Fra Novella. O un morto dei peggiori, come traduciamo noi – lontano dalle orecchie degli Inquisitori.

Io, Ruggiero e altri intrepidi ci siamo gettati nella mischia, a spaccare un po' di membra a quei morti, mentre le pallottole dei soldati vivi fischiavano attorno e – qualche volta – aprivano fiori rossi nelle teste di noialtri. Nel frattempo, però, Raffaello con un pugno di uomini compiva un'azione aggirante, e quando Fratello Raffaello, fra i migliori della scuola Folgore, si mette a sparare da posizione favorevole, beh per chi si trova sotto tiro c'è poco da stare allegri.
In breve, prendemmo la piazza e creammo una testa di ponte sull'isola. Per aggiunta, avevamo catturato vivi alcuni prigionieri, uno dei quali ci rivelò che vivi e morti vivevano fianco a fianco sotto la guida del Colonnello inglese, o meglio del suo cadavere senziente e dotato di enormi poteri. Non erano, però, moltissimi: centocinquanta circa, una truppa alla nostra portata, e solo alcuni nella rocca vicino a noi.
Fu Fratello Raffaello a mettere fine alle pene terrene del prigioniero, al grido di “sono contro la violenza”, chiosato da un colpo di pistola in piena faccia. Non male, visto che l'alternativa era seppellirlo nella sabbia con la sola testa fuori, in attesa dell'alta marea (pessima idea, quando uccidi qualcuno è sempre meglio essere presente alla morte per farlo a brandelli, se poi devi tenere il posto).
La fortezza era unita alla terraferma solo da uno stretto ponte, che però, come verificammo, non era minato ed era abbastanza mal difeso: in breve, con la copertura dei mortai che mise in fuga i difensori, arrivammo alla porta della fortezza, l'aprimmo e...ci si parò davanti la vera difesa.

Un gigante. Una sorta di Ruggiero(Celestino si addice di più) in armatura da Ospitaliere, però morto e diventato un Atrox. Nonostante il ferro, si muoveva con estrema agilità, e fracassava crani ed elmetti con facilità impressionante. Provammo a sparargli, ma era inutile: alla fine, capimmo che dai capi la truppa si aspettava l'atto eroico, così io, Fratello Ruggiero e Fratello Raffaello ci gettammo nella mischia all'arma bianca, mentre gli altri parte avanzavano e prendevano la rocca senza incontrare altri grossi ostacoli, parte ci rifornivano di spade, dopo le che le nostre (ben tre!) rimanevano piantate nel mostruoso Ospitaliere, senza minimamente infastidirlo.
Alla fine, ringraziando il fabbro che aveva forgiato le nostre armature e l'arrivo di Fratello Giocondo, riuscimmo ad avere la meglio del mostro, riportando ferite in fondo lievi.
La piccola fortezza era nostra.

Rimaneva quella più grande, dove si nascondeva il Colonnello con il grosso della truppa.

mercoledì 7 marzo 2012

Ricordi

Che fosse quasi autunno si capiva dal vento che soffiava forte, facendo sbattere le ante delle finestre. Il profumo che giungeva dall'esterno e le foglie in procinto di cadere ne erano la conferma. Il bambino era basito di fronte alla miriade di libri che l'adulto gli poneva di fronte. Disegni di anatomia, formule e riti magici, per il bambino non avevano molto significato e la sua fame di conoscenza lo inibiva dal sentire disagio di fronte a tale blasfemia. La vicinanza del padre era una sicurezza.
In molti si chiedevano a cosa stesse pensando il Re Nero, da molti minuti non proferiva parola e ciò aumentava la situazione di disagio degli astanti, ma nessuno osò interrompere la sua meditazione...

domenica 4 marzo 2012

Nuovi Inizi


La cecità materiale non è un vero limite per l'uomo di fede: esistono Occhi che possono guardare ben più lontano, alla eterna salvezza. Ed il Signore mi ha concesso di servire ancora la S. Chiesa, dunque più non posso chiedere.
Al ritorno dal mio viaggio, insieme a Joaquin (unico dimostratosi alla prova dei fatti dabbene e illuminato dalla Fede), abbiamo riportato a Firenze, da Frate Ardizzone, la S. Bomba Atomica, o meglio il suo innesco ed i progetti utili a costruirne di nuove, garanzie di sopravvivenza per il Sanctum Imperium. Siamo stati salutati come eroi, per quella tendenza degli uomini ad attribuire agli uomini i successi, quando coloro che chiamano eroi sono solo strumenti del Progetto del Signore.
Tuttavia, Ardizzone mi ha consigliato di non raccontare, se non a lui, i dettagli di quello che avevo visto nel Nord della Francia (le ultime immagini di questo mondo terreno): la situazione è così intricata, coinvolgendo i Templari, che era meglio non agire in modo troppo palese.

Poco male, perché il Signore, per mezzo di Sua Santità il Papa, ha trovato un nuovo modo di permettere di servire i Suoi piani: con la Tuitio Fidei, Egli ha ripristinato il Sacro Ordine degli Ospitalieri, con il compito di riconquistare ai vivi e alla Fede nuove terre, nel Mediterraneo. Navigare necesse est. Spero che questo Ordine possa, in futuro, anche bilanciare l'eccessivo potere che stanno maturando i corrotti Templari. Ma prima deve guadagnare gloria e prestigio, quello che, bisogna riconoscerlo, i Templari si sono guadagnati combattendo e liberando tante città, grazie alle molte leve di ingenui che lottano credendo di perseguire il Bene nell'Ordine (e in molti casi facendolo in effetti), ignorando le losche trame dei superiori.
Ed io, io sono la giuda spirituale di questa nuova formazione! Ho portato con me un pezzo di uranio verde luminoso, a ricordo della missione di recupero della S. Bomba, il pezzo della Vera Croce trovato nelle mie peregrinazioni, e mi sono avviato a Venezia, sede dell'Ordine.
Io, io inciterò questi uomini, uomini duri, uomini più avvezzi alle armi che al Crocifisso, più usi a confidare nelle proprie forze che in quelle del Signore, più usi al campo di battaglia che ai banchi della Chiesa, a convertire le loro forze nella direzione più Santa!

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Siamo rimasti a Venezia per alcuni giorni. Finalmente il Sanctum Imperium si è reso conto di quanti uomini duri stessero marcendo sottoutilizzati nelle milizie. Invece, noi ex truppe scelte possiamo giovare ancora molto alla Patria, all'Italia, pardon, all'Imperium.
Stavamo preparandoci alla nostra prima missione, la presa di Malta, quando si è presentato una sorta di nano deforme, cieco da entrambi gli occhi e catarroso, con una specie di lanterna verde in mano e una scheggia di legno al collo: ci è stato detto che si tratta di Fra Novella, eroe dell'Impero e nostro cappellano militare. Se quello è un eroe, lo sono anche i passerotti di piazza San Marco: non è molto più robusto, e per inciso è anche pazzo.
Fermandosi ogni due per tre a sputare sangue (pure malato!), ci ha rifilato un sermone su quanto dobbiamo sentirci onorati perché scelti da Dio per portare la Buona Novella a chi non la conosce, e a dare la pace ai morti, e menate varie. Tre ore di predica, di cui avremo capito un decimo ad essere generosi. Questo tizio sembra più nocivo agli alleati che se lo devono ascoltare che ai nemici, comunque dicono che sia una sorta di Santo, e che abbia le visioni.
Se serve.
Tanto, a giudicare dal sangue che sputa, durerà poco, anche se riusciremo a tenergli le chiappe al sicuro dai morti.

La mattina dopo, siamo partiti alla volta di Malta. Io e i miei compagni del Gruppo di Comando ci siamo trovati, con la nostra brigata, su una delle Galeazze. Ci sentivamo un po' Argonauti: dal tempo del Grande Risveglio, i mari non sono molti percorsi, e nessuno sa bene che cosa vi si potrà trovare. Del resto, “memento audere semper” era il nostro motto, sin dai tempi della X Mas, ed è tempo di strappare quell'isola italiana ai dannati inglesi, vivi o morti che li troviamo.
Il viaggio non fu tranquillo. Un mostro pauroso, probabilmente un Capodoglio morto e rinato, attaccò una delle Galeazze, facendola a pezzi e divorando tanti compagni d'arme. Ci mancavano solo i mostri marini: questo potrà essere un problema logistico, nel momento in cui dovremo mettere in comunicazione le varie isole che avremo conquistato. L'ordine dovrà dotarsi di cariche di profondità: non vedo altro modo di debellare questi mostri. Già un umano morto è duro da buttare giù, figuriamoci una balena.
Ad ogni modo, arrivammo senza ulteriori intoppi in vista di Malta, in una mattina di densa nebbia. Tanto meglio: chiunque fosse lì, non ci avrebbe visti arrivare. Certo, nel caso non fossero rimasti che morti (e ciò mi appariva probabile) ciò non aiutava molto, ma ad ogni modo almeno non avrebbero potuto spararci eventuali morti intelligenti.
Facile pensare che ne avremmo trovati: Fra Novella aveva avuto una visione, affermando che avremmo trovato ad aspettarci “un'incarnazione di Satana”. Un Diabolicus, dico io, ma lui non può affermarlo, perché per la Chiesa ufficialmente non esistono, e ad ogni modo è meglio che gli uomini comuni non sappiano certe cose. Noi abbiamo le palle e possiamo sostenere il peso, ma tre quarti della popolazione, compresi quelli che hanno scritto “maschio” sulla carta d'identità, è composta da donnicciole impaurite, come si è visto nel luglio '43.
Ernesto Paternò, il capo militare degli Ospitalieri, ha convocato me e gli altri del Gruppo di Comando per affidarci un compito pericoloso e pertanto di grande onore: probabilmente sa che siamo i migliori. Saremo noi, con la nostra sola Galeazza, a sbarcare a Malta per primi e a verificare la situazione. Poi, con razzi verdi o rossi, segnaleremo il via libera o meno.

Per prima cosa, abbiamo pensato di prendere Fort Manoel, sull'Isola Manoel che domina il porto: un luogo strategico nell'iperfortificata isola.
Nella nebbia, avanzavamo quasi alla cieca, aiutandoci con frecce incendiarie, così quasi d'improvviso ci siamo ritrovati in una sorta di canale in mezzo a due navi da guerra inglesi, di cui una arenata. Nemmeno il tempo di capire la distanza dalla terra, siamo stati abbordati da un pugno di morti, fra cui due Feroces. Subito, io e il mio più fidato luogotenente, Fratello Ruggiero, ci siamo lanciati su uno dei due, mentre un altro colosso dell'ordine affrontava il secondo. Rapidamente riuscimmo ad avere la meglio sul nostro avversario, facendolo a pezzi con le spade e senza riportare danni anche grazie alle armature (incredibile come questi affari di tecnologia medievale in certi casi servano molto più di una moderna Beretta). Gli altri due avevano difficoltà maggiori, anche per via del goffo intervento di Fratello Raffaello, forse poco uso a combattere sul ponte di una nave. In breve, comunque, i morti furono resi inoffensivi.

Ma, certo, non sono il principale ostacolo che troveremo.
Nemmeno il tempo di rinfoderare le spade, sentii rimbombare nella testa una voce potente: “Andatevene, o morirete tutti”, intimava.
Non lo faremo, certo. Gli Italiani veri non fuggono, il pericolo è onore. Ma quel pazzo di Novella forse non aveva tutti i torti a farneticare di un'incarnazione di Satana. Su quest'isola si nasconde qualcosa di potente. E pericoloso.

giovedì 1 marzo 2012

Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum (Difesa della fede e Servizio ai poveri)


(MARE NOSTRUM)

Bolla Papale Emessa il 1 Gennaio 1957


Con la presente il Papa ripristina l'Ordine Ospitaliero( consigliato dal Santarosa, che spera di indebolire l'avversario politico Renato da Chianciano, sia per mitigare le sempre più accese e numerose proteste degli ex veterani del regime fascita (10° MAS e Folgore) tutt'altro che soddisfatti di servire nelle sante milizie come semplici fanti visto il loro più che valido addestramento militare). Conferendo l'incarico di guida a Ernesto Paternò Castello (in qualità di reggente fino alla rielezione di un grande maestro), lo scopo dell'ordine è quello di riconquistare le loro antiche roccaforti nel mediterraneo, gettare le basi per aprire e gestire rapporti commerciali (o eventualmente guerrafondai) con il nuovo vicino del Regno di Osiride e debellare la pirateria che infesta i mari.
Tra i vari obbiettivi dell'ordine vi è la liberazione di Malta, la loro principale roccaforte e poi la liberazione di Cipro e Rodi, più l'eventuale sogno di riconquistare i territori in terrasanta. All'ordine non viene concesso nessun punto di riferimento o appoggio sulla penisola a parte Venezia, dove di fatto sostituiscono i Templari