La sera successiva, senza ulteriori
intoppi, arrivammo a Valle Mosso, dove fummo accolti dal gentile
Capitano Strippoli, che col suo piccolo gruppo di Crociati vigilava
sulla sicurezza del villaggio. Egli ci raccontò che a Mosso Santa
Maria (dove, secondo le nostre informazioni, si trovava il libro)
viveva una piccola comunità di frati, che non avevano rapporti con
il villaggio, salvo per il fatto che due di essi, regolarmente,
scendevano in città a portare cibo per avere, quando possibile,
libri e opere d’arte. Ci chiese inoltre del nostro viaggio e,
saputo dell’attacco dei morti, chiese le condizioni dei cadaveri:
da tempo, ci raccontò, non arrivavano più mercanti da oltre le
Alpi, ma si trovavano morti vaganti e stritolati.
Dormimmo in una sala della locanda,
questa volta senza necessità di turni. La mattina dopo, trovammo
fratello Emilio in lacrime: una delle sue bambole era rotta, e lui la
piangeva come una bambina dell’asilo. Non solo, farneticava
sostenendo che la bambola fosse morta per difenderci dal male e
insistette per seppellirla fuori dalle mura. Data la sua particolare
condizione, lo concedemmo.
Finito lo strampalato rito funebre, ci
avviammo verso Mosso Santa Maria. Non appena giungemmo in vista del
posto, scorgemmo un frate incappucciato (come quelli del sogno!) che
si ritirava rapidamente nella chiesa (uguale a quella del mio
sogno!). Mentre ci avvicinavamo, le campane iniziarono a suonare a
morto. Lisabetta o Lucrezia si offrì di andare in avanscoperta, ma
poco dopo udimmo un urlo: era caduta in una trappola, alcuni spuntoni
che si trovavano dietro a un muro di cinta che aveva provato a
scavalcare per avvicinarsi alla Chiesa evitando l’ingresso
principale. Dovemmo avvicinarci per strappare via Linda o Luisa (con
suo grande dolore) da quei ferri arrugginiti: di fatto, sarebbe stata
inutile per il combattimento.
La chiesa di Mosso Santa Maria si
ergeva davanti a noi, imponente, senza finestre. Di fianco, si
trovava il grande edificio del dormitorio del convento e un pugno di
vecchie case: tutti edifici in evidente stato di abbandono. Ma dove
dormivano i monaci? Avevano bisogno di dormire? Avremmo potuto
affrontarli, senza dover sacrificare fratello Emilio (e chi altri?)
per concedergli un regolare processo prima di buttarlo sul rogo?
Fu lo stesso fratello Emilio a
risolvere (involontariamente) la situazione: propose di entrare, armi
in pugno, nella sacrestia, purtroppo accompagnato da fratello
Guglielmo, mentre noialtri saremmo entrati dalla porta principale
della Chiesa. Voleva, insomma, replicare il piano messo in atto a
None, quando era stato praticamente ucciso. Approvai con entusiasmo:
se chi si trovava all’interno fosse stato un nemico alla nostra
portata, saremmo intervenuti, ma se i due più forti guerrieri fra
noi fossero stati uccisi subito, il patto del sogno sarebbe stato
rispettato.
Dovetti solo chiedere a Don Ettore di
attendere un momento per entrare dopo che i due Ospitalieri avevano
forzato la porta della sacrestia e tutto accadde: udimmo un boato,
come un’esplosione; quindi, le porte della chiesa si aprirono e, in
terra, giaceva un libro. Il libro che cercavamo. Lo prendemmo e
tornammo ad Augusta Taurinorum.
Il nostro eroismo, però, non fu
premiato. La notte successiva al nostro ritorno, infatti, ci fu un
incendio nella casa di Don Gerardo e il prelato vi arse vivo. Venne
fuori che il documento di incarico papale con cui eravamo stati
chiamati era un falso, che i libri che gli avevamo procurato
servivano ad un rito blasfemo fallito forse perché una delle copie
era incompleta o era stata manomessa. Io e Mauro potemmo godere di un
periodo di penitenza e riflessione, per meditare sul nostro errore di
ingenuità: Luana o Lidia fu degradata e Fanny radiata dal corpo
degli excubitores, anche perché fu provato che era direttamente agli
ordini di Don Gerardo, che riceveva da lei regolari rapporti senza
passare per le vie ufficiali.
In tutto questo intrico, c’era una
grande lezione di apprendere: alla fine, il volere di Dio era stato
compiuto. I malvagi, come Don Gerardo e Fratello Emilio, erano stati
puniti con la morte; i giusti, come Fratello Guglielmo, erano stati
chiamati da Dio a godere del loro meritato premio attraverso la
morte; nel frattempo, avevamo riparato ad alcuni torti e ingiustizie,
come nel caso della casa infestata o negli intrighi di Vicus Novus.
Semper ad maiorem Dei gloriam.
Gli eroi non muoiono mai la loro leggenda é per sempre
RispondiEliminaCerti "eroi" sono senza vergogna
RispondiElimina... ecco vede suo padre, ecco vede sua madre i suoi fratelli e le sue sorelle... ecco vede i suoi parenti defunti dall'inizio alla fine!
RispondiEliminaEcco ora chiamano Lui, lo invitano a prendere posto in mezzo a loro nella sala del Valhalla, dove Baracca... può vivere... per sempre!
Noi adepti ritorniamo nel silenzio, un giorno, quando il mondo sarà nuovmente in pericolo Egli ritornerà per condurci alla salvezza!
Mi manca solo il nesso con Fra Novella che dovrebbe essere ormai cenere (radioattiva) da tempo!
Mr Mist hai citato uno dei miei film preferiti.
RispondiEliminaÈ vero che fra novella non c'entra nulla, ma Jacopo covava vendetta da anni ormai ed io da buon master gli ho dato l'occasione
Non mi chiedere come mai stamattina riesco a commentare perché non ne ho idea
RispondiElimina... è il grande spirito del Baracca, nella Sua magnanimità!
RispondiEliminaNon è che covassi vendetta, semplicemente ero curioso di vedere cosa si sarebbe inventato questa volta Denis per salvare il Baracca di turno dalla giusta e santa ira dei miei personaggi :D
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