domenica 29 gennaio 2012

I segreti dei Templari


Spesso il Demonio opera in modo tale che all'uomo, nella sua debolezza, le sue parole e le visioni da lui indotte possono apparire ai deboli sensi dei mortali come indotti dal Signore. Come dobbiamo noi sapere se ci troviamo di fronte ad un inganno, o ad una ispirazione divina? Solo la Fede può esserci di guida, ma se la Fede è credere senza spiegazione, come può dubitare? E allora è la Santa Madre Chiesa a guidarci: nel frattempo, a rischio di eresia, non possiamo che sospendere il giudizio.
A questo pensavo il mattino del 3 di gennaio, di fronte alle rovine della fortezza di Andorra. Ma procediamo con ordine.

Abbandonate le Vedove, decidemmo di scendere in Spagna passando dai valichi del lato mediterraneo, a causa dei climi meno rigidi, e forti anche dell'indicazione di un bene organizzato gruppo di sopravvissuti in una Rocca all'incirca nel luogo dove un tempo si trovava il confine fra Spagna e Francia. In effetti, vi arrivammo e fummo accolti con gentilezza da un gruppo di uomini e donne che si erano stabiliti in questo antico castello e che vi si erano barricati anche grazie alle armi che vi avevano trovato (la fortezza era stata un deposito d'armi tedesco). Mancava un medico, ma Joaquin riuscì a curare alcuni feriti.
Pernottammo lì, e avemmo una chiara dimostrazione della forza del gruppo: fummo attaccati dai Diavoli Blu, gli stessi che avevano raso al suolo la fattoria incontrata in precedenza, che si giovavano anche dell'appoggio di un Tigre. Ebbene, furono respinti e sconfitti con gravi perdite( questo è quello che pensate, ndr), senza che gli abitanti della rocca corressero veri rischi.

La mattina dopo, nonostante la presenza dei banditi, decidemmo di ripartire, per seguire la nostra missione. La nuova meta era La Vella: forse anche là qualcuno aveva sfruttato la rocca per proteggersi dai pericoli delle Terre Perdute. Il viaggio non fu privo di difficoltà, dovemmo anche uccidere un paio di simplices, ma più grande fu la delusione una volta là giunti: la rocca era diroccata e deserta.
Trovammo, comunque, una torre ancora solida nella quale passare la notte – credevamo – abbastanza al sicuro. Già durante il primo turno di guardia, eravamo tutti svegli. Tre uomini si erano introdotti nella stanza, senza che Fratello Celestino se ne potesse rendere conto.
Tre uomini, dunque, estremamente scaltri.
Tre uomini dalle capacità straordinarie.
Tre uomini lesti e silenziosi, benché armati.
Tre uomini che la credulità popolare chiamava “gli Angeli”, e ai quali attribuiva virtù e gesta meravigliose, arrivando a definirli inviati da Dio per le provvidenziali apparizioni nelle Terre Perdute, a grandi distanze, durante le quali curavano ammalati e punivano i malvagi.
I nomi con cui si presentarono erano eloquenti: Micheal, Gabriel, Raphael, ed in effetti la loro presenza era rasserenante per il loro carisma eccezionale. Non erano angeli, li avevo sospettati di eresia per questo, ma in verità non pretendevano di esserlo. Eppure c'era qualcosa di non naturale in loro.
Il maggior stupore, però, fu quando scoprimmo che erano stati compagni di fuga dalla Russia con il nostro Fratello Celestino! Si erano aiutati, e già allora, ci avrebbe rivelato in seguito Celestino, si erano dimostrati generosi, leali e valorosi, benché non certo sovrannaturali. I tre si offrirono di vigilare sui nostri sonni, non prima di averci suggerito di recarci alla fortezza di Montserrat (dove li avremmo trovato delle risposte a ciò che cercavamo): ci fidammo.

La mattina seguente, eravamo soli. Per fortuna, nessuno ci aveva attaccato. Nonostante la prova di poca affidabilità fornita dai sedicenti angeli, decidemmo di dar loro retta quanto alla meta suggerita, e ciò ci introdusse ad una esperienza davvero straordinaria.

Quando arrivammo in vista della rocca, io e Fratello Celestino fummo pervasi da un sentimento di serenità, e avanzammo con fiducia, benché ovunque regnasse un silenzio innaturale: perfino la natura sembrava tacere.
La fortezza era in ottimo stato, benché apparisse disabitata e, a giudicare dalla polvere, nessuno fosse stato lì da gran tempo. Vedemmo una scala addestrarsi nei sotterranei di una torre, la discendemmo. Sull'ingresso, troneggiava l'emblema dei Templari.
 Adolf e Joaquin dichiaravano di sentire un disagio crescente, ma in noi uomini di fede cresceva la serenità e li ignorammo, sino a sbucare in una stanza pentagonale, adornata da splendidi affreschi, e nella quale si trovavano cinque bare: erano i sepolcri degli ultimi cinque Gran Maestri Templari. Era incredibile, eppure le spoglie dei grandi uomini, con armi e divise sugli scheletri inanimati, erano lì, davanti a noi, con l'eccezione di quello di Jacques De Molay, il cui sarcofago era vuoto. Del resto, era stato arso sul rogo nel 1314. Anche uno degli affreschi rappresentava il suo rogo, ma attorno a lui danzavano diavoli che parevano entrati sulla scena da un portale vermiglio. Gli altri affreschi sembravano rappresentare una storia: un templare dal volto irriconoscibile era rappresentato in armi sotto Acri; poi (su un diverso muro) si vestiva da Ospitaliere (probabilmente per fuggire la persecuzione); su un altro ancora svolgeva un rito che portava ad aprire un portale celeste (forse un passaggio per altri tempi, come vuole la tradizione d'eresia?); ancora, dava ad altri cavalieri da bere in un calice che sembrava il Graal; infine, nascondeva il Sacro Calice in un luogo identificabile da un granchio-aragosta, che Jaoquin riconobbe come l'emblema di una cittadina francese a lui nota.
Quale poteva essere il significato di quei dipinti? Era possibile che il Templare senza volto fosse il  nostro Celestino, come asserì in una subitanea ispirazione, pur sostenendo di non ricordare nulla? E che i tre cavalieri che bevevano dal Graal fossero i tre Angeli? Di certo quegli affreschi dimostravano come i Templari (almeno quelli antichi, ma molto probabilmente anche gli attuali) camminassero per le loro pratiche sul sottile confine fra l'eresia e i legittimi tentativi di difendere con ogni mezzo la Cristianità. E se il Graal, se questi riti di inaudita potenza esistevano davvero, solo la Santa Madre Chiesa avrebbe potuto gestirli.

Lentamente, la stanchezza si insinuò nei nostri corpi, infiacchiti dal viaggio, dal freddo, soprattutto dalle emozioni. Ci addormentammo, senza riuscire a gestire i turni di guardia.
Quando ci svegliammo, la mattina del 3 gennaio, davanti a noi c'erano solo le rovine della fortezza che avevamo visto perfettamente integra.
Era stato tutto un sogno, una visione o un inganno?

1 commento:

  1. Cosa sono tutti quei dubbi e interrogativi, Fra Novella?! E quel riferimento all'empia dottrina dell'epoché scettica?! La tua fede non è forse salda?! Con il tuo dubbio iperbolico sembri più un filosofo cartesiano che un uomo di Chiesa...!
    ;) Proprio un bel post!

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