domenica 25 settembre 2011

I banditi


Grazie Signore, grazie! Sia lode alla Tua infinita saggezza, con la quale metti i Tuoi servi in condizione di operare per il Bene anche nella maniera più inaspettata, mentre perseguono altri fini. E grazie per averci reso ancora una volta strumenti dei Tuoi disegni, per confondere chi si oppone a Te: non esiste premio più grande per noi.
(Forse Vent-Otto in verità preferisce altre forme di premio)
Partiti alla volta di S. Ezechiele per la via più diretta, in groppa ai destrieri elargiti da Frate Ardizzone per rendere più celere il nostro inseguimento ai malvagi, cavalcammo per tutto il primo giorno senza incontrare imprevisti, sinché a sera giungemmo in vista della stazione di posta, dove fummo accolti da un oste che, per un giusto emolumento, ci fornì non solo buon cibo e un ottimo giaciglio, ma anche un insperato aiuto. Grazie alle preghiere che io, fratello Celestino e (almeno in apparenza) “fratello” Gioacchino stavamo rivolgendo al Signore, il Signore ispirò all'oste una risposta utile alla peccaminosa ricorrente domanda di Vent-Otto, che sempre ricerca la il peccato che viene eternamente punito dall'Infernal Bufera. Il nostro ospite, infatti, negò la disponibilità di avvenenti fanciulle, ma rivelò che, due giorni prima, erano transitati da lì un uomo ed una donna, non giovanissima ma seducente, su una motocicletta: erano partiti subito, e noi non stentammo a capire che si trattava di coloro che stavamo cercando. Oltre a loro, erano passati un gruppo di americani cacciatori di morti, diretti verso Faenza, in luoghi ad avviso dell'oste pericolosissimi.
Dopo una notte ristoratrice, ripartimmo, ma questa volta il viaggio non sarebbe stato così tranquillo. La prima avvisaglia fu l'incontro con un Simplex, reso inoffensivo dalla posizione, in quanto era innaturalmente impigliato sui rami di un albero cresciuto su una scarpata. Si contorceva, impotente: non fu difficile rendere inoffensive quelle povere spoglie, oramai abbandonate da un'anima che doveva essere stata molto pia. Era il corpo di un francescano.
Recuperammo il rosario a frammentazione, ma il poveretto non aveva altro con sé: i fori da proiettile nella schiena mostravano chiaramente che era stato ucciso in un agguato, probabilmente dai banditi che infestavano la zona.
Poco oltre, trovammo le tracce di un nuovo agguato, che doveva aver coinvolto la moto che stavamo cercando. C'erano tracce pesanti, come di una sgommata, c'erano i segni di un incidente, c'erano tracce di sangue, c'era infine il segno delle ruote della moto che era ripartita per la sua strada. Ma aveva perso qualcosa?
C'erano anche molte altre tracce, a piedi questa volta, evidentemente quelle degli aggressori, che portavano ad un sentiero quasi invisibile: dominati dal desiderio di giustizia come eravamo, decidemmo di seguirle.

Il sentiero portava ad un casolare, le cui condizioni erano discutibili, ma non certo quanto i suoi abitanti: non appena ci videro cominciarono a spararci addosso, nonostante i segni che portavamo su di noi. E, forse, chi non rispetta i Servi del Signore può rispettare il Signore stesso? No, e infatti alle pallottole gli scellerati unirono le bestemmie, orrende e sacrileghe. Io e fratello Celestino ci guardammo negli occhi, iniettati di sangue per l'offesa a Nostro Signore: senza bisogno di parlarci, ci gettammo fuori dai cespugli, incuranti di ogni protezione, smaniosi di porre fine, anche con la violenza, a quello scempio.
I proiettili ci saettavano intorno, qualcuno di essi anche addosso, ma non poterono scalfire la nostra Fede né le nostre corazze: in breve, sfondammo la porta, entrammo nella casa, e stendemmo a pugni gli inquilini che le precise pallottole di “fratello” Gioacchino, e perfino di Vent-Otto, avevano lasciato in piedi. In breve, gli scellerati si arresero. L'unico morto fu un giovane che non si voleva rassegnare alla sconfitta, e che fu freddato da “fratello” Gioacchino, che ai pugni preferisce le pistole.
In breve, però, ci rendemmo conto che gli scellerati, che vivevano nella lordura come le fiere, meritavano più volte la morte, non solo per le bestemmie pronunciate, ma anche perché nella loro casa trovammo gli inequivocabili indizi di molteplici crimini, i bagagli derubati a molti viandanti (fra i quali non pochi frati) che erano stati loro vittime negli anni precedenti, come loro stessi ci confessarono.
Ma l'orrore più grave si trovava in cantina: qui era tenuta una donna, la donna della moto, ignuda, che era stata palesemente sottoposta a violenze, anche quelle del tipo più osceno e peccaminoso, al punto di essere ridotta in fin di vita. Alle percosse, alle umiliazioni si univa una piaga purulenta, che il “medico”, “fratello” Gioacchino provò a guarire, stranamente ottenendo un successo limitato, visto che l'adoratrice del Demonio cadde in uno stato semicomatoso, probabilmente tenuta sul limite della vita dalle sole ardenti preghiere che rivolgevo al Signore affinché ella avesse modo di pentirsi prima di essere mandata al rogo.
A questo punto, si accese una discussione fra di noi. Io ero propenso a continuare subito, senza por tempo in mezzo, il nostro viaggio verso S. Ezechiele: troppo era il vantaggio dell'adoratore del demonio sfuggito ai banditi! Quanto a costoro, proponevo di massacrarli in espiazione dei loro peccati. Fratello Celestino, più attento agli aspetti formali, proponeva di portarli al più vicino paese, la stazione di posta nel quale avevamo trascorso la notte, per consegnarli all'Inquisizione, anche in considerazione della numerose prole d'infanti che quella scellerata famiglia di criminali cresceva  nel peccato e nella lordura. “Fratello” Gioacchino concordava con me sull'opportunità di proseguire, ma riteneva che i peccatori fossero stati sufficientemente puniti dal nostro intervento. Bestemmia! Come può un uomo di Chiesa pensare un simile obbrobrio? Come si potevano risparmiare uomini rei di assassinio, stupro, furto, rapina e financo di bestemmia? Certo, io avevo già loro perdonato di cuore tutto, compreso l'avermi sparato, perché sta scritto che si devono amare i propri nemici. Ma questo per quanto riguarda l'anima: il corpo è tutta un'altra faccenda.
Proposi una mediazione: chiudere tutti in una stanza ben serrata, e recuperarli al ritorno, qualora fossero sopravvissuti (anche per dar loro modo di riflettere sui loro peccati), ma anche questa proposta non fu accolta.
Fu Vent-Otto a trovare la soluzione, con il suo pragmatismo laicale: nella rimessa trovò, infatti, un camion che, messo in funzione da Fratello Celestino (più per grazia divina che per sua capacità), ci permise di raggiungere il paese in breve tempo. Lì, tra l'altro, apprendemmo che la banda infestava da tempo la zona, e potemmo affidare Sandra Iaconi (così si chiamava la donna da noi salvata sino al rogo, come avevamo appreso grazie ad alcuni documenti trovati fra la refurtiva, insieme alla maschera demoniaca di Lilith, che ella doveva avere indossato nei riti sacrileghi) a cure più qualificate di quelle che potevano essere prestate da “fratello” Gioacchino.
Così il Signore aveva guidato i nostri passi ad estirpare un male di cui nemmeno conoscevamo l'esistenza, e insieme ci aveva donato preziosi elementi per continuare la nostra caccia ad un male ancora più grave.(Molti scudi, ndr)

Senza attendere ulteriormente, ripartimmo alla volta di S. Ezechiele, nuovamente a cavallo perché nel tragitto avevamo pressoché esaurito le scorte di carburante. All'imbrunire, eravamo nella derelitta e abbandonata città di Faenza, nella quale, trovata una casa ancora in condizioni accettabili, passammo una relativamente tranquilla (salvo alcune farneticazioni di “fratello” Giacchino, che sembra proprio che abbia le visioni, o almeno le allucinazioni uditive) di sonno e preghiera.


4 commenti:

  1. Bellissimo blog, complimenti.
    Sapevo di aver fatto bene ad acquistare Sine Requie tempo fa. E dopo aver letto le vostre avventure è ora di procurarsi un mazzo di tarocchi!

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  2. innanzi tutto grazie. Anch'io acquistai Sine Requie più per sfizio inizialmente. Ora dopo 3 mesi che ci giochiamo mi senti di dire che ho fatto benissimo, anzi che dovevo procurarmelo prima. Il gioco vale veramente e l'ambientazione è una piccola perla.

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  3. Concordo! Mi sto già arrovellando il cervello per mettere su una campagna al più presto. Ho finito giusto oggi di leggere il manuale... E i tarocchi scalpitano! Postate, ragazzi, postate ché aspettiamo di sapere come prosegue.

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