Bisognava ammettere che, data la dipartita di Kartoffen, si
era liberato un posto in auto e il nuovo venuto condivideva con il crucco
almeno alcuni aspetti, come la grande disponibilità al tradimento e alla
diserzione, visto che, pur appartenendo fieramente (a suo dire) al corpo dei
bersaglieri, si riprometteva di non tornare mai più in patria, e come
l'appartenenza alla schiera dei nostri nemici nella guerra mondiale.
Baracca giurò di essere disposto a dare la vita per noi se
l'avessimo preso nel gruppo (ma rifiutò ogni ipotesi di pagamento anticipato),
colpì una lattina con una scarica di mitra, dimostrando insieme la sua
precisione e la sua scarsa astuzia, visto che aveva consumato metà caricatore
per impressionarci, asserì di conoscere bene le vie, mostrò un prezioso
orologio d'oro appartenuto a suo padre, un caro ricordo che era prontissimo a
barattare con un biglietto per gli USA, infine ci prese per sfinimento e (anche
grazie alla corruzione a suon di tabacco operata verso Joe) accettammo di
portarlo con noi.
La prima tappa fu il paese nel quale sapevamo che Kartoffen
aveva occultato l'allora suo, ora nostro tesoro: non era lontano e quasi sulla
via per Lisbona: ci arrivammo in poco più di un'ora.
Lo scenario era inquietante: il paese era disabitato e
ridotto a macerie come molti altri nelle terre perdute, ma fra le rovine pareva
annidarsi qualcosa di malvagio. Mirammo diritti alla piazza principale, nella
quale si trovava la fontana sotto una lastra della quale Kartoffen aveva
riposto il tesoro. Trovammo subito il nascondiglio: la botola era spalancata e
lo scomparto desolatamente vuoto. Joe dichiarò che certo Kartoffen non poteva
essere stato così ingenuo da non prevedere un doppio fondo, invece risultò che
era stato così ingenuo. Per un attimo Joe valutò l'ipotesi di tornare al Louvre
per accertarsi che la morte inflitta dal micio a crucco fosse abbastanza
dolorosa, ma non avevamo tempo.
Improvvisamente, udimmo un rumore provenire dal Municipio,
che si trovava proprio davanti alla fontana. Occupammo l'edificio con una
rapida e brillante operazione militare: era vuoto. C'era solo una radio.
L'accendemmo, e subito cominciò a gracchiare un messaggio: era una comunità di
sopravvissuti che abitava in un paese lì vicino e posto proprio sulla strada
per Lisbona, su una montagna, e che asseriva di avere abbondanza di armi e
viveri, nonché di essere disposta ad accogliere chiunque.
In altre parole: una chiarissima esca per chissà quale
trappola.
Quando, poche ore dopo, passammo in prossimità del paese
dichiarato, notammo una serie di drappi rossi inerpicati per una via di
montagna e che chiaramente indicavano l'itinerario per raggiungere la comunità.
Ci fermammo lì giusto il tempo per fare a pezzi tre morti (due civili e un
tedesco in divisa, che dal foro alla tempia pareva chiaramente essere stato
giustiziato: ma che diavolo ci faceva così lontano dalle sue linee?), per
perquisirli senza trovare nulla di utile e per rimirare il paesaggio
mozzafiato.
Poi ripartimmo. Chissà se avevamo fatto bene a ignorare il
villaggio? Facilmente erano loro ad avere il tesoro di Kartoffen, ma forse, in
quanto americani, saremmo stati imbarcati senza che ci fosse richiesto il
prezzo del biglietto.
E poi il Signore ha prescritto di vivere in povertà, che
diamine!