sabato 31 marzo 2012

Sfida tra i mari


Il Mare Nostrum, il Mediterraneo che fin dai tempi di Roma è dato per decreto divino in dominio alla nostra italica patria, è oggi solcato da navi che non solo non riconoscono la nostra sovranità sulle acque, ma addirittura osano sfidare la nostra supremazia, attaccare le nostre coste, infastidire le nostre navigazioni!
Questi infingardi sono vili pirati battenti bandiera turca, su navi il cui equipaggio è un obbrobrioso misto di vivi e di morti. Da oggi, però, anch'essi conoscono la paura e devono inchinarsi alle leggi del Giusto e del Forte: hanno capito che l'Italia è tornata sui mari, e che la breve epoca di licenza e di ferocia già volge al termine.

Conclusi i bagordi veneziani, trovati capri espiatori per le scappatelle dei Fratelli Camerati Ruggiero e Raffaello, ridotta al minimo la pena di Giocondo dopo la dipartita del compianto Novella, ci siamo imbarcati sull'Intrepida Novella (così nomata al seguito della nostra guida spirituale, che è meglio avere nel cuore che al seguito) alla vota di Malta, e presto abbiamo avuto occasione di mettere in fuga disordinata le navi degli ignobili pirati.
Stavamo navigando nella nebbia di marzo al largo della Puglia, quando abbiamo percepito un odore di bruciato: sulla costa, diverse case ardevano, mentre una nave era alla fonda. I Turchi stavano rapendo donne e bambini italiani, per appagare chissà quali sordidi desideri! Atti che sarebbero degni di biasimo persino se perpetrati contro gli Inglesi, figuriamoci ai danni dei nostri compatrioti!

Pur consapevole dei rischi dell'impresa, non volli armare i cannoni, per non mettere a repentaglio la vita dei giovani italici virgulti, futuro della Patria, né i fecondi ventri delle patrie donne, sicché ordinai l'abbordaggio alla nave turca.
La nostra valentia gettò subito nel panico i nostri vili avversari, che non trovarono di meglio che darsi alla fuga, sebbene le loro navi fossero ben tre (come scoprimmo d'improvviso). Una veloce galea ci passò di fianco, distruggendo i remi sul fianco destro, mentre una seconda ci colpiva con due otri di fuoco greco e la terza caricava gli schiavi e si dava alla fuga, presto imitata dalle altre due.
Ma prima che potessero fuggire, Giocondo colpì una nave con una bomba a mano. Riconoscendo il più forte, i turchi scelsero la fuga.
Purtroppo, come spesso succede, i vili hanno ali ai piedi, e per i coraggiosi inseguirli è impossibile. Così (anche considerato che avevamo metà dei remi fuori uso e parte della nave in fiamme) decidemmo di verificare le condizioni del villaggio (e di riparare la nostra nave): tanto, nessun vile può fuggire per sempre.

Infatti, li ritrovammo ancora prima di arrivare a Malta. Forse punti da vergogna per la loro codardia, ci seguirono, senza tuttavia osare avvicinarci. All'imbrunire, infatti, vedemmo una nave turca che ci seguiva, ma il primo incontro era servito a valutare le forze del nemico: le altre due galee non potevano essere lontane (quale vile si allontana dai compagni?). Fratello Raffaello aveva inoltre riconosciuto il capitano dei nostri avversari: era un essere delle peggior specie. Era un morto, tanto per cominciare, poi era un turco, e infine era un traditore! Si chiamava ….., era un calabrese ma si era venduto agli Ottomani, per i quali aveva combattuto come capitano alla battaglia di Lepanto. Bene, noi italiani l'avremmo nuovamente suonato!
Con il favore delle tenebre, dopo aver spento tutte le luci, effettuammo una manovra diversiva per trovarci alle spalle della galea che ci seguiva, e riuscimmo. Ma era presto per gioire: con una improvvisa illuminazione, mi accorsi che le altre due navi erano alle nostre spalle. Non era tempo di temporeggiare: confidando sulla superiorità conferita dall'italica ingegneria navale e dal valore dei nostri militi, ordinai di affiancare il nemico e di cannoneggiarlo.

Disgraziatamente, la precisione di tiro dei Fratelli camerati non è pari al loro valore, e riuscimmo appena a danneggiare la galea nemica, che invece riuscì benissimo a speronarci, bloccandoci (anche se la nostra corazzatura resse molto meglio della loro): subito, i turchi si diedero all'abbordaggio.
I Romani, nella loro imperiosa espansione, dimostrarono una invincibile forza in terra, ma a volte si trovarono in difficoltà sui mari. Così capita anche agli Italiani, moderni Romani, e infatti i turchi della prima galea ci abbordavano con successo a dritta, mentre a manca fummo speronati anche da una seconda galea, ma questa volta non ci lasciammo cogliere di sorpresa. Ci aspettavamo infatti la manovra di speronamento, e decidemmo di scaricare una funesta salva di cannonate sul vascello che sopraggiungeva.

Disgraziatamente, nemmeno la perizia nell'uso delle polveri dei Fratelli camerati è pari al loro valore, sicché l'esplosione non travolse gli infedeli, ma si fermò nel ventre della nostra nave, portando comunque danni limitati alla nostra struttura. Anche la seconda galea pirata, comunque, era ora agganciata alla nostra.

Ed ecco, i pirati erano in trappola!
Avevano commesso un errore nello speronarci, ora le loro navi erano incastrate alla nostra, e non potevano più fuggire, come uso fra i vili. Fratello Ruggiero si lanciò sulla nuova nave alla testa di un pugno di soldati, e compì prodigi di valore tenendo testa al numeroso equipaggio, mentre i morti incatenati ai remi gemevano in modo orribile.
Sull'altro fianco, eravamo io, Giocondo e Raffaello ad opporci, con i nostri uomini all'incalzante marea turca che si riversava sull'Intrepida Novella.

Disgraziatamente, neppure l'abilità nel combattimento all'arma bianca dei Fratelli camerati è pari al loro valore, e in breve la situazione su questo fianco diventò critica. Giocondo riusciva con fatica, e riportando gravi ferite, a tenere la posizione, mentre Raffaello si lanciava intrepido sulla galea nemica, guadagnando il timone per allontanarla dall'Intrepida Novella: tali erano i danni causati nello scontro che, se ce l'avesse fatta, il vascello turco sarebbe certamente affondato.

Disgraziatamente, nemmanco l'abilità al timone dei Fratelli camerati è pari al loro valore, e Raffaello, nel tentativo di disingaggiare il galeone nemico dalla nostra galeazza, ci provocò danni ingenti e una falla dalla quale l'acqua entrava abbondante.

Ed io ancora resisto, resisto di fronte alla marea dei turchi che incalzano da ogni parte, ma sento il sangue scorrere, infradiciare i panni sotto la corazza, e frammisto a quello dei nemici c'è il mio. Sono sempre più debole...

Infine, per le troppe ferite riportate mentre, da intrepido comandante, pugnava alla testa della sua truppa, Orlando perse i sensi.
Dicono che fu trascinato fuori dalla zona degli scontri, dicono che fratello Raffaello gli prestò i primi soccorsi, gli dicono che a quel punto si rialzò, con la forza di una furia, che iniziò a lottare con un valore e con una forza mai vista, incitando i militi e menando strage dei nemici al punto da riguadagnare in breve tempo i terreno perduto e da ricacciare in mare i turchi che avevano abbordato l'Intrepida Novella, mentre Ruggiero liberava donne e bambini prigionieri sull'altra nave, vi dava fuoco rovesciando le loro riserve di fuoco greco e tornava sulla galeazza.
Dicono che una delle due galee dovette ritirarsi malconcia, mentre l'altra era affondata. Dicono che fu una vittoria, dicono che Orlando si accasciò non appena il pericolo fu passato, e fu acclamato come un eroe dalla truppa.
Ma nulla di tutto questo giunse alla sua mente, infinitamente lontana...


9 commenti:

  1. La parte raccontata dopo la sua perdita di conoscenza è la migliore.

    Comunque se questi sono gli italici fratelli...

    RispondiElimina
  2. ricorda Ursha che qui, ormai, ogni cosa non è casuale!!!!

    RispondiElimina
  3. I recenti avvenimenti hanno mostrato come l'italico ardore non si piega agli ostacoli opposti dai suoi nemici o dalla malasorte, epperò è infine premiato dalla vittoria! A tal proposito, mi permetto di citare un fatto su cui Orlando ha taciuto, ossia l'epico abbordaggio della galea a tribordo, compiuto da fratello Raffaello: nonostante il suo intento di liberare l'Intrepida Novella dalla morsa della galea a babordo avesse comportato alcuni danni trascurabili all'Intrepida stessa, la sua volontà non ha vacillato e appena possibile è prontamente accorso in aiuto di fratello Ruggero in difficoltà!
    ;) Grande post Jacopo, come sempre!

    RispondiElimina
  4. Ahò! E mò c'avete scassato rigà! L'abbordaggio è servito solo a scassacce la chiglie de la Novella! Sei venuto a darme na mano quando ormai avevo finito, e non serviva più ad un benemerito ....! Ebbasta con sta autoproclamazione rigà! La verità è che ce la semo scampata solo pe'r culo, e perchè er morto grosso se fatto li cazzi sua sull'altra nave! Altrimenti a st'ora eramo nella panza der capidoglio morto!

    RispondiElimina
  5. Il morto grosso ha telato perché impressionato dall'italico valore! Di fronte a certe gesta, anche i morti conoscono la paura.

    In effetti le gesta del prode Raffaello e il suo eroico danneggiamento della Intrepida Novella (ops) non avevano il giusto risalto nel post...

    RispondiElimina
  6. In questo post solo l'abilità di scrittore di Orlando è stata pari all'italico valore!

    RispondiElimina
  7. Son proprio gajardi questi Ospitalieri :D

    RispondiElimina
  8. Ma che vai dicendo, Ruggero?! Così infanghi l'italica gloria! Inoltre, se non era per il mio eroico abbordaggio, tu... Vabbé, sì sì lo so hai ragione... Sapevo che tu o Kuduk mi avreste presto smentito, maledizione!

    RispondiElimina
  9. Sai cos'è.... è che più che altro hai fatto la parte della pignatta ed i turchi non riusciti a romperti per prendere le caramelle.

    RispondiElimina