La vita, così sconvolta dopo l'Apocalisse, non manca mai di
fornire motivi di meraviglia: forse per questo il Nostro Signore ci ha vietato
di uccidere il prossimo. Io, ad esempio, non mi sarei mai e poi mai aspettato
di essere d'accordo con Kartoffen e di avvalermi del suo appoggio per un'opera
di giustizia. Dunque, è stato bene non ucciderlo (ancora).
Nonostante il coraggio che contraddistingue i membri del
nostro gruppo e la tentazione di avere un mezzo capace di portarci a Lisbona su
quattro ruote, andare al Louvre e scoprire cosa aveva richiamato gli
inarrestabili mostri nazisti non era questione da prendere alla leggera. Il
Capitano, in particolare, argomentava che sarebbe stato più prudente “andare
a Lisbona a piedi che visitare il Louvre”, osservando per inciso che “ci
potrebbero pure andare loro, al Louvre, se sono così curiosi” (come se non
fossero da compatire per il poco coraggio che il Signore aveva loro donato,
invece di condannarli); il Pagano gli dava corda, mentre Joe nicchiava,
sostenendo tra l'altro che “il Fato crudele (anche noto come “il Master”
NdR) ci toglierà di certo la Jeep entro pochi chilometri da Parigi”.
Solo io ed il crucco sembravamo decisi ad accettare la
proposta dei partigiani parigini. Eppure, l'opportunità di andare al Louvre era
evidente:
-
senza un mezzo a motore non saremmo mai arrivati
a Lisbona prima della partenza del transatlantico;
-
la guerra ai nazisti non era mai stata
dichiarata conclusa, ed era nostro dovere militare aiutare i partigiani a
combatterli;
-
si trattava di una straordinaria occasione di
arricchimento culturale;
-
avremmo potuto visitare le sale dei fiamminghi
del Cinquecento.
Alcuni sostenevano che fosse meglio arrivare a Lisbona vivi
ma in tempo, sicché alla fine dichiarai che, trattandosi di una nobile
missione, se fossimo morti compiendola le porte del Paradiso sarebbero state
aperte per noi.
Dopo una simile, solenne dichiarazione, io e Kartoffen ci
mostrammo decisi ad andare al Louvre anche da soli; Joe si dispose a seguirci
dopo aver contrattato con i partigiani un aumento della paga, ottenendo armi,
munizioni e anche un nuovo bazooka; il Capitano si rassegnò a seguirci,
comprendendo che il gruppo aveva democraticamente scelto e che, oramai, non
eravamo più un drappello militare ma una squadra di commilitoni che
collaboravano per salvarsi. O, forse, “per salvare il culo a degli idioti”.
Così, più o meno concordi, ci avviammo verso il Louvre, in
compagnia di un altro crucco che militava oramai da anni fra i partigiani e da
un drappello di ex commilitoni che avevano del pari disertato. La camminata fra
le macerie di Parigi – lato francese (mentre oltre il muro che delimitava la
zona tedesca la situazione sembrava decisamente migliore) fu resa meno monotona
dal massacro di un paio di simplex già partigiani e da allegri cori in onore di
Otto von Skorzery, oramai assunto a simbolo ed emblema di tutti i tedeschi
disertori “per idealità” e per questo esaltato dallo sparuto drappello quasi
con lo stessa forza con la quale il resto dei compatrioti avrebbero voluto
averlo fra le mani.
Fu una faticaccia tenere a freno il nostro Otto Kartoffen
dal rivelarsi.
Infine, intravedemmo quel che restava dello splendido
palazzo del Louvre.
... e qui iniziano i problemi, vero Kuduk?
RispondiEliminaNon voglio spoielare, ma ci saranno grandi eventi...
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