Probabilmente Kartoffen meritava la triste sorte che ha
avuto. Non per le stragi e le persecuzioni perpetrate nella sua militanza nelle
file tedesche, forse, perché di quelle si era pentito (credo); non per il suo
contributo alle aberrazioni create dal Reich, giacché di quello si era
riscattato rivelando quanto sapeva in quel laboratorio inglese; sicuramente,
però, per il solo peccato che non conosce redenzione: rinnegare il vero Dio.
Io provai a richiamarlo alla realtà, a ricordargli la vera
fede per mezzo della radio con cui comunicavamo con lui tenendoci, a distanza
di sicurezza, fuori dal Louvre: nemmeno il mio ammonimento ebbe effetto alcuno.
Ebbene, che rimanesse con quel demone felino che adorava in veste quasi divina,
e che andava divorandogli un dito dopo l'altro, mentre Kartoffen si compiaceva,
come avviene a tutti coloro che si votano a Satana e nel piacere perdono
l'anima e il corpo.
A dire il vero, forse per un attimo il nostro crucco ebbe un
barlume di lucidità, perché udimmo un “Ahia!”, e intravedemmo i Reichguard
chiudersi su di lui, e trascinarlo nelle cantine del Louvre. Joe decise che
quella non era una morte degna del nostro compagno, e ratto come la folgore
gettò nella sala principale del palazzo, vicino alle guardie, un palla di
potentissimo esplosivo al plastico, capace forse di spazzare via morti e vivi.
Disgraziatamente, si rese tosto conto di aver tralasciato un particolare: come
innescare l'esplosivo?
I mostri si allontanarono fra le tenebre degli scantinati in
tutta tranquillità.
Non appena essi furno scomparsi, io decisi, solo ed audace
(e forse financo un tantino idiota) di penetrare nel museo e verificare lo
stato di conservazione dei gioielli della corona che un tempo vi erano
custoditi. Entrai nell'edificio, mentre in lontananza si udiva uno strano suono
di tromba. L'ingresso era vuoto, così, cauto e silenzioso, mi diressi verso
l'ala che mi interessava: qualcuno l'aveva saccheggiata! Non era rimasto nulla
dei preziosi! Dal Giorno del Giudizio la civiltà aveva smesso di esistere sulla
terra, era tramontato ogni rispetto per la cultura.
Indignato, mi calai da una finestra, per evitare di dover
passare di nuovo davanti all'ingresso degli scantinati, che mi incutevano un
certo timore.
Tornato dai compagni, li trovai intenti a dialogare con uno
strano personaggio: era un italiano, affermava di chiamarsi Baracca e veniva
dal Sanctum Imperium con la tromba e con un messaggio per i partigiani
francesi, ma si dichiarava amante degli Stati Uniti. Si esprimeva in un inglese
buffo, quasi incomprensibile, ma ci fece chiaramente capire che ci implorava di
poter venire con noi a Lisbona, e poi negli Stati Uniti (Paese con il quale
argomentava di avere affinità in quanto nato a Filadelfia in Sicilia). Il
nostro Comandante, giustamente, nicchiava: perché il nuovo venuto intendesse,
al di là delle incomprensioni linguistiche, il suo scetticismo sul farlo venire
con noi, il Capitano cominciò con lo sparargli qualche colpo fra le gambe,
ordinò a me di arrostirgli qualche capello con il lanciafiamme e a Joe di
fargli saltare via il cappello. Invano: l'ostinato personaggio continuò a
tediarci con le sue richieste per tutto l'itinerario verso il rifugio dei
partigiani.
Qui giunti facemmo rapporto,
senza omettere nulla (erano stati tra l'altro i partigiani stessi a
saccheggiare avidamente il Louvre per finanziare le loro attività: pare che
avessero perfino resituito la Gioconda agli italiani in cambio di sostegno
logistico), e meritammo così la nostra Jeep, che si rivelò essere una sorta di
autoblindo leggero francese giallo e rosso (rossa con capottina gialla
Più di un uomo: un mito!
RispondiEliminaPiù di un mito: una leggenda!
Più di una leggenda: Baracca!
Abbiamo ricordato il suo coraggio,
abbiamo ricordato le sue gesta,
abbiamo ricordato le sue parole!
Avevano bisogno di lui,
ed egli è tornato per guidarli alla vittoria!
Tratto da: "Ode a Baracca"
Grandissimo Mr Mist
EliminaUn secondo Baracca?
RispondiEliminaIl nipote... LOL
Elimina