Curati alla men peggio i feriti,
requisimmo un carro in nome della Santa Chiesa e vi ponemmo Guglielmo
e Fanny: senza ulteriori intoppi, raggiungemmo Torino e li
depositammo all’Ospedale degli excubitores, dove le suore ebbero
modo di lagnarsi degli eccessivi lamenti di Fratello Emilio,
paragonabili a quelli di una novizia.
Appena assicuratici della salute del
corpo dei nostri compagni di avventura, ci recammo da Don Gerardo, il
quale fu contento del risultato ma, quando seppe del Diario della
Masca, chiamò a colloquio privato me e il mio fido notaio.
Solo perché sono assolutamente certo
che nessuno, e tanto meno i due Ospitalieri e le due femmine di
exubitor che ci accompagnano, leggeranno mai queste righe, posso
scrivere che Don Gerardo ci confessò che talora la Santa Chiesa
ricorreva, in segreto, a uomini di dubbia fede e dubbia virtù, ma
con doti tali per cui forse avrebbero saputo decifrare il codice del
diario. In Torino, si trattava di un uomo noto come “Il cartolaio”.
A cena, infatti, fummo avvicinati da
una suora recante un biglietto: eravamo attesi. Fummo guidati in via
Pietro Micca, entrammo in un cortile, bussammo ad una porta, ci venne
ad aprire una donna rossa molto ispiratrice di gran peccati, la quale
ci introdusse in una stanza lussuosa al centro della quale,
mollemente seduto su una poltrona, stava un uomo dall’aria
melliflua: il Cartolaio. Gli cedemmo il diario ed egli, dopo essersi
ritirato in una stanza attigua per poco più di un quarto d’ora,
seppe dirci dove si trovavano le altre tre copie de “Le nove porte
del Regno delle Ombre”: una nel castello di Barolo, una a Masso S.
Maria, una in Torino, a casa della Contessa Bottero. Il fatto che
l’avvenente rossa e Fratello Emilio non si fossero mai trovati
nella stessa stanza ci evitò imbarazzi, ma all’uscita trovammo
costui nell’atto di origliare alla porta, mentre ebbi l’impressione
che Luisa o Lucia fosse saltata giù da un cornicione un attimo prima
che noi tornassimo in cortile. Che gruppo malfidato!
Quanta malfidia, non ho parole!
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