Improvvisamente,
sentimmo un tintinnare, ci voltammo, intravedemmo Toaff libero che
gettava un foglietto nella statua, la quale prendeva vita, si alzava,
afferrava Toaff e lo prendeva in spalla. Restammo quasi impietriti
dal terrore: Fanny fuggì di nuovo, la mia mano tremava troppo per
sparare, gli altri rimasero inerti. Toaff ci intimò di non seguirlo,
altrimenti il Golem ci avrebbe uccisi, e sparì verso luoghi ignoti.
Come
aveva potuto liberarsi dalle manette? Il ferro che le teneva salde
era in terra, inutile, come se qualcuno lo avesse rimosso. Ma chi?
Fratello Emilio avrebbe dovuto controllare il prigioniero: era
complice o solo inaffidabile? Non riuscimmo a dirimere la questione,
ma conoscendolo alla fine ci convincemmo che fosse semplicemente
incapace di svolgere qualsiasi compito che non fosse "attacca,
spacca".
Considerato
che Toaff era fuggito, non ci rimaneva che cercare di capire chi
fossero i complici ancora a Vicus Novus: il nostro sospetto andava
soprattutto verso la Gubbiotti, la capa degli excubitores, e sulla
via del ritorno elaborammo un intricato piano, con tanto di lettere
false che Luisa, Linda o Lucrezia (non ricordo mai il nome) avrebbe
dovuto scrivere. Arrivati a circa cento metri dalla stazione di
dazio, quando oramai imbruniva, accadde però qualcosa che cambiò
tutto: la postazione era chiusa e scura, Fanny notò il riflesso di
un fucile da una finestra appena in tempo perché potessimo
nasconderci nell'erba alta. Annunciai di essere l'Inquisitore, ma le
risposte furono parole cortesi e fucilate, una della quali colpì e
distrusse l'elmo che fratello Guglielmo aveva fatto sporgere dalle
erbe, cautamente senza metterci dentro la testa.
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