Curiosa espressione umana, l'amore carnale ed erotico, ed è certo per il meglio che Paolo consigliò a chi vuole dedicarsi al Signore di astenersene, ed è un bene che la Santa Romana Chiesa Cattolica Apostolica continui a chiedere tale rinuncia ai suoi sacerdoti, a differenza di tanti cristiani eretici. Esso svia, porta alla follia, al favoritismo, in definitiva a derogare dalla propria missione, che è e sempre sarà di amare il prossimo senza distinzioni, come facciamo noi della Santa Inquisizione.
Si guardi Adolf: mentre noi passammo il resto della notte al convento, senza neppure tentare di rintracciare l'uomo che era fuggito, perdendosi fra le nebbie, egli a rischio della sua stessa vita, aveva voluto seppellire la strega “senza fare scempio del suo corpo”. Era un pericolo, ma nessuno di noi aveva avuto cuore di impedirglielo: del resto, se la sua concezione dell'amore consisteva nel condannare la sua donna ad una fame perpetua nel chiuso di una tomba sigillata, o ad essere uno spaventoso obbrobrio in cerca di carne umana privo di senno anziché darle la pace con un pietoso rogo che cancellasse la sua maledizione. Non è questa follia?
È una vera fortuna che, come insegna la Santa Chiesa, non esistano i morti senzienti, altrimenti una donna eretica e senza dubbio per molti versi straordinaria come quella, avrebbe avuto buone possibilità di risorgere nella forma di uno di questi pericolosissimi abomini. Mi stupisce che i miei compagni (i quali – lo so – in fondo al cuore nutrono tale superstizione) non abbiano provveduto a fermare Adolf.
Ad ogni modo, Adolf tornò vivo, il che lasciava pensare che avesse effettivamente seppellito la sua defunta amata, ma rimase sostanzialmente inattivo, come un burattino svuotato, per tutta la giornata.
Noi, intanto, avevamo perquisito il monastero, trovando un'altra copia del De monarchia demonica, il che ci lasciò immaginare che questa setta fosse affiliata proprio alla Societas diaboli con cui ci eravamo già scontrati. Occultato in un muro, con ogni evidenza da decenni, c'era ancora uno strano libro blasfemo, composto da una pagina bianca e una nera, che Joaquin individuò come il libro del Bianco e Nero. Probabilmente si trovava lì perché il monastero di Crea è situato in un logo che molte sette ritengono magico. Strana, invece, la modalità di ritrovamento: Celestino lo scoprì quasi in trance, come per un occulto richiamo. Il che la dice lunga su quali influenze e quali strani riti circolino fra i Templari, che pure sono per molti versi un valido sostegno alla Chiesa.
Ripartimmo dunque alla volta di Torino, dove giungemmo senza problemi. Raccontammo la nostra storia alle autorità, nella persona dell'omuncolo che aveva sostituito Pautasso, ovviamente omettendo alcuni particolari. Avremmo voluto conferire con il Cardinale, confidando che non fosse colluso con la setta, ma era in riunione con il suo pari grado di Genova: ci avrebbe ricevuto, ci fu detto, in seguito.
Mentre attendevamo, ci recammo da Pautasso, il quale non aveva novità rilevanti, ma ci disse dove trovare il cameriere che aveva soccorso lo strano individuo fosforescente. Ci recammo al bar nel quale lavorava, ma ci fu riferito che era sparito da alcuni giorni. Decidemmo di andare a cercarlo a casa sua, nella zone periferica della Vanchiglia: il suo appartamento dava su un cortile interno. Bussammo.
Nessuna risposta.
Bussammo più forte.
Ancora, nessuna rispota.
A questo punto, Fratello Celestino decise di “bussare” ancora un poco più forte, ed entrammo nel piccolo appartamento attraverso la porta sfondata. Un ragazzo, tremante, con in mano una patetica gamba di tavolo quale arma, era rannicchiato in un angolo, terrorizzato. Per rassicurarlo, gli dissi che facevo parte della Santa Inquisizione, Joaquin gli spiegò di essere membro del Sant'Uffizio e Fratello Celestino dei Templari. Come non fidarsi?
Era, ovviamente, il cameriere, che ci confessò di essere terrorizzato: la donna che, con lui, aveva raccolto l'uomo era sparita misteriosamente. Lui aveva avuto un colloquio con il Cardinale in persona, che si era fatto consegnare le spaventose foto di bambini trovati sul corpo dell'uomo fosforescente, e gli aveva intimato di tacere. Glielo intimammo anche noi.
Certo, era un bell'enigma capire cosa volesse quell'uomo che, barcollando (evidente per la malattia, che secondo Joaquin era un morbo tipico delle fabbriche di fiammiferi, causato dalle sostanze tossiche di cui si fa uso): forse voleva mettere in atto un ricatto, con quelle lettere?
Proprio questo morbo avrebbe potuto fornirci un successivo indizio: investigare sulle fabbriche di fiammiferi, oramai in disuso, dei Malan. Ma non era l'unica pista: il contatto di Joaquin ci aveva rivelato il luogo di stampa dei libri blasfemi che avevamo trovato, e non era lontano da Torino, per la precisione nel piccolo borgo di Vicus Novus. Infine, volevamo indagare sui sotterranei torinesi della zona della Mole.
Ma, prima di prendere ogni successiva iniziativa, volevamo conferire con il Cardinale, sicché ci recammo al suo palazzo.
Con nostra sorpresa, non solo non ci fu concesso di entrare sul momento, ma ci fu chiaramente dato ad intendere che non avremmo avuto la possibilità di conferire con il Cardinale nemmeno in seguito. Dopo poche proteste, ci allontanammo: in fondo, se egli avesse perso interesse a noi saremmo stati, almeno per il momento, più liberi di agire. Ma ci preoccupammo molto di più quando, alzando gli occhi per caso, Joaquin ebbe la ventura di vedere due ombre dietro la finestra dell'ufficio del Cardinale: una era quella di Sua Eminenza, l'altra sembrava proprio quella del nostro Adolf. O di Otto. O, come era probabile, del suo misterioso sosia che sembrava agire con molta influenza, sempre malvagia, a Torino.
Ritornammo sui nostri passi per cercare di raccogliere qualche informazione, quando improvvisamente il palazzo si animò di una innaturale confusione e concitazione, di cui approfittammo per intrufolarci dentro.
Qualcuno aveva attentato alla vita del Cardinale, forse era agonizzante,
Forse, già morto.
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