sabato 24 dicembre 2011
La furia di Novella
È un vero mistero come il Demonio trovi tanti adepti in Terra, quando è scritto chiaramente nei Vangeli e nell'Apocalisse che il loro presunto Idolo malefico è destinato alla sconfitta da parte del Giusto, ed essi non potranno che ardere per sempre nella loro dannazione.
Non per questo, però, noi uomini di Chiesa dobbiamo essere intransigenti con loro: “punire il peccato, salvare il peccatore” è il nostro credo. Per questo, prima di arderli vivi in espiazione delle loro colpe, pretendiamo il pentimento (ed è ben piccola cosa il rogo di un momento di fronte a quello eterno)(accidenti come sei poetico, ndr)
Eppure, ci sono scellerati che ci chiamano “ottusi”. Uomini che a volte camminano con noi. Ci chiamano ottusi, invece di ringraziarci. “Ottusi”, quando essi stessi si sono allontanati dal luogo d'indagine, senza nessun costrutto se non quello di farsi accusare di tentato assassinio (e poi, ovviamente, tocca a noi “ottusi” salvarli, e se non sacrifichiamo a questi scellerati i nostri principi la prendono a male); senza nessun costrutto, se non quello di essere quasi uccisi senza estrema unzione, se noi “ottusi”, sempre noi, non li avessimo fatti seguire da un valoroso inviato (chi Joaquin? Pure valoroso è diventato?, ndr), conoscendo l'inettitudine di codesti pretenziosi, che, accecati dall'orgoglio, non riescono a distinguere il saggio dallo stolto, il retto dall'errato.
Ma sono certo che, presto o tardi, Adolf si getterà nell'ennesima follia, e non troverà la mano salda di un “ottuso” a salvarlo, così come siamo soliti. La mia speranza è che, prima, si sia pentito di cuore. Ma, se è vero che “quos deus perdere vult dementat prius” (coloro che Dio vuole perdere, prima li fa impazzire NdA), Adolf sembra già sulla buona strada...di certo è già stato accecato dall'individualismo più sfrenato. Oppure, ci sta tradendo.
La mia preoccupazione è che, presto, le sue azioni scellerate e incontrollate ci possano mettere in guai tali da risultare irrisolvibili.
Salvato, comunque, per l'ennesima volta Adolf dalla sua scelleratezza, ci siamo avviati verso Grinzane Cavour, il luogo di provenienza di troppe bottiglie di vino trovate nelle case dei Decussi e di coloro che erano collusi con loro.
Fummo accolti con una certa gentilezza dal prete del luogo, palesemente inetto, che probabilmente credette alla nostra storia, secondo la quale eravamo di sosta nel viaggio verso la Liguria, e ci portò subito dal Barone, nel castello: costui era un vero e proprio cafone, ma non privo di una certa ferina scaltrezza, perché, pur ordinando di accoglierci (come avrebbe potuto esimersi, davanti all'autorevolezza di un Inquisitore e di un Templare?), si attivò subito per occultare le sue blasfeme attività, come presto avremmo scoperto.
Mentre stavamo cenando, più che egregiamente, con il prete, infatti, il mio olfatto sviluppato percepì un odore peculiare, un fumo greve. Guardando dalla finestra, vidi che un comignolo del castello fumava più nero degli altri, pur nella penombra. Non appena il nostro ospite si assentò un attimo, lo comunicai ai miei compagni, e decidemmo di compiere una discreta ispezione, con la scusa di un'innocente passeggiata. Invece, individuata una finestra non sorvegliata, scivolammo dentro il castello, e presto, procedendo in direzione del caminetto che fumava, arrivammo alle stanze del Barone. Adolf fu il primo a vederlo: era solo e stava bruciando dei documenti. Ovviamente, non pensò all'ipotesi di agire di squadra per catturarlo: preferì fare irruzione nella stanza e, quando il Barone provò a fuggire, non trovò di meglio che sparargli. Adolf sostenne di avergli voluto colpire le gambe per impedirgli la fuga, ma ciò risulta poco credibile, dato che usò il fucile a canne mozze, e difatti uccise il nobiluomo, che cadde dalla finestra. Io mi dispiacqui per l'uomo, perché non ebbe tempo di pentirsi. Ma, forse, avrebbe confessato qualcosa che Adolf non voleva che sapessimo...
Nella stanza, comunque, non trovammo molto: il Barone aveva fatto in tempo ad ardere una gran mole di documenti, salvammo solo alcune lettere, già bruciacchiate, che ci riguardavano: il Re Nero ordinava di ucciderci, era interessato a Joaquin, e intimava di punire la parte deviata della setta liberando la Creatura (evidentemente, la Scannatrice). C'era anche una lettera a nostro favore, nella quale si diceva di rimandare la nostra condanna; mentre le altre erano scritte a macchina, però, questa era vergata da una mano femminile.
Qualcuno, dunque, ci proteggeva nell'ombra? Forse la sorella di Joaquin, che da sempre egli va cercando?
Non c'era tempo per analisi e disquisizioni: da fuori provenivano urla disperate, il Barone si era già risvegliato come Ferox, molti combattenti faticavano a tenergli testa. Scendemmo verso il piano terra, con l'intenzione di aiutare i vivi, ma notammo una scala che portava ai sotterranei: il nostro dovere ci imponeva di non trascurare quella pista, ora che la confusione ce la apriva. Come avremmo potuto immaginare data la vocazione enologica della zona, la cantina era colma di botti. Non tutte, però, servivano a far fermentare il vino: sospettosi, bussammo su tutte, fino a trovarne una vuota. La aprimmo, con un meccanismo segreto, e presto ci ritrovammo in una stanzetta ottagonale. Nel centro, in un sarcofago rituale, giaceva la Scannatrice, inattiva. Subito io e Fratello Celestino ci gettammo su di lei e la riducemmo a brandelli senza che lei si muovesse: senza un apposito rito che la risvegli, una Scannatrice è solo un inerme fantoccio.
Poco lontano trovammo un'altra stanza rituale, ma purtroppo i libri magici erano stati asportati. Ne avevamo abbastanza per denunciare la setta: risalimmo, scassinammo la porta della stalla nella quale era tenuto (lo avevamo immaginato) il carro funebre, e, presi alcuni cavalli, ci dirigemmo verso Torino, lontano dalle guardie che, fatto a pezzi il Barone, ci cercavano.
Tornammo poche ore dopo alla testa di un gruppo di Templari, che mi permisero di installare, come mio sacro diritto, un tribunale inquisitorio per giudicare gli eretici.
Dodici soldati e servitori del Barone risultarono, ad ogni evidenza, colpevoli di aver seguito l'eresia del loro signore per interesse. Dopo una breve tortura lo confessarono e dissero di essersi pentiti. Spero per loro che fossero sinceri. Li condannai al rogo.
Il prete inetto, che confessò (con poche sberle di Fratello Celestino) di aver appoggiato il Barone per interesse, in cambio della sua nomina a prete, ma negò di sapere della setta, ebbe una pena più lieve: trenta frustate. Sono al limite della sopportazione, per un uomo della sua costituzione: sarà il Signore a giudicare se egli dovrà sopravvivere.
Ai contadini, mi limitai a prescrivere un mese di penitenza e preghiera.
I Templari mi chiesero di processare anche Adolf, che in mezza giornata li aveva portati a completa esasperazione, ed in effetti si poteva condannare come indemoniato. Ancora una volta deve la sua vita a un ottuso, in quanto gli offrii la possibilità di votare la sua vita alla Chiesa, come converso. Forse, oltre al corpo gli salverò anche l'anima.
Quando ci allontanammo, dodici roghi stavano ancora arrossando il cielo con gli ultimi bagliori.
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Presto ci sarà il mio epilogo per questa seconda campagna, colgo l'occasione per augurare a tutti coloro che ci seguono un buon Natale e Felice anno nuovo. Col gioco faremo una pausa!!!ciao
RispondiEliminaVisto? Dopo il post del Ghigno, non hai più nemmeno bisogno di fomentare tu le faide e i sospetti di tradimento! :)
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