Spesso il Demonio opera in modo tale che all'uomo, nella sua
debolezza, le sue parole e le visioni da lui indotte possono apparire ai deboli
sensi dei mortali come indotti dal Signore. Come dobbiamo noi sapere se ci
troviamo di fronte ad un inganno, o ad una ispirazione divina? Solo la Fede può
esserci di guida, ma se la Fede è credere senza spiegazione, come può dubitare?
E allora è la Santa Madre Chiesa a guidarci: nel frattempo, a rischio di
eresia, non possiamo che sospendere il giudizio.
A questo pensavo il mattino del 3 di gennaio, di fronte alle
rovine della fortezza di Andorra. Ma procediamo con ordine.
Abbandonate le Vedove, decidemmo di scendere in Spagna
passando dai valichi del lato mediterraneo, a causa dei climi meno rigidi, e
forti anche dell'indicazione di un bene organizzato gruppo di sopravvissuti in
una Rocca all'incirca nel luogo dove un tempo si trovava il confine fra Spagna
e Francia. In effetti, vi arrivammo e fummo accolti con gentilezza da un gruppo
di uomini e donne che si erano stabiliti in questo antico castello e che vi si
erano barricati anche grazie alle armi che vi avevano trovato (la fortezza era
stata un deposito d'armi tedesco). Mancava un medico, ma Joaquin riuscì a
curare alcuni feriti.
Pernottammo lì, e avemmo una chiara dimostrazione della
forza del gruppo: fummo attaccati dai Diavoli Blu, gli stessi che avevano raso
al suolo la fattoria incontrata in precedenza, che si giovavano anche
dell'appoggio di un Tigre. Ebbene, furono respinti e sconfitti con gravi
perdite( questo è quello che pensate, ndr), senza che gli abitanti della rocca corressero veri rischi.
La mattina dopo, nonostante la presenza dei banditi,
decidemmo di ripartire, per seguire la nostra missione. La nuova meta era La
Vella: forse anche là qualcuno aveva sfruttato la rocca per proteggersi dai
pericoli delle Terre Perdute. Il viaggio non fu privo di difficoltà, dovemmo
anche uccidere un paio di simplices, ma più grande fu la delusione una volta là
giunti: la rocca era diroccata e deserta.
Trovammo, comunque, una torre ancora solida nella quale
passare la notte – credevamo – abbastanza al sicuro. Già durante il primo turno
di guardia, eravamo tutti svegli. Tre uomini si erano introdotti nella stanza,
senza che Fratello Celestino se ne potesse rendere conto.
Tre uomini, dunque, estremamente scaltri.
Tre uomini dalle capacità straordinarie.
Tre uomini lesti e silenziosi, benché armati.
Tre uomini che la credulità popolare chiamava “gli Angeli”,
e ai quali attribuiva virtù e gesta meravigliose, arrivando a definirli inviati
da Dio per le provvidenziali apparizioni nelle Terre Perdute, a grandi
distanze, durante le quali curavano ammalati e punivano i malvagi.
I nomi con cui si presentarono erano eloquenti: Micheal,
Gabriel, Raphael, ed in effetti la loro presenza era rasserenante per il loro
carisma eccezionale. Non erano angeli, li avevo sospettati di eresia per
questo, ma in verità non pretendevano di esserlo. Eppure c'era qualcosa di non
naturale in loro.
Il maggior stupore, però, fu quando scoprimmo che erano
stati compagni di fuga dalla Russia con il nostro Fratello Celestino! Si erano
aiutati, e già allora, ci avrebbe rivelato in seguito Celestino, si erano
dimostrati generosi, leali e valorosi, benché non certo sovrannaturali. I tre
si offrirono di vigilare sui nostri sonni, non prima di averci suggerito di
recarci alla fortezza di Montserrat (dove li avremmo trovato delle risposte a
ciò che cercavamo): ci fidammo.
La mattina seguente, eravamo soli. Per fortuna, nessuno ci
aveva attaccato. Nonostante la prova di poca affidabilità fornita dai sedicenti
angeli, decidemmo di dar loro retta quanto alla meta suggerita, e ciò ci
introdusse ad una esperienza davvero straordinaria.
Quando arrivammo in vista della rocca, io e Fratello
Celestino fummo pervasi da un sentimento di serenità, e avanzammo con fiducia,
benché ovunque regnasse un silenzio innaturale: perfino la natura sembrava
tacere.
La fortezza era in ottimo stato, benché apparisse disabitata
e, a giudicare dalla polvere, nessuno fosse stato lì da gran tempo. Vedemmo una
scala addestrarsi nei sotterranei di una torre, la discendemmo. Sull'ingresso,
troneggiava l'emblema dei Templari.
Adolf e Joaquin
dichiaravano di sentire un disagio crescente, ma in noi uomini di fede cresceva
la serenità e li ignorammo, sino a sbucare in una stanza pentagonale, adornata
da splendidi affreschi, e nella quale si trovavano cinque bare: erano i
sepolcri degli ultimi cinque Gran Maestri Templari. Era incredibile, eppure le
spoglie dei grandi uomini, con armi e divise sugli scheletri inanimati, erano
lì, davanti a noi, con l'eccezione di quello di Jacques De Molay, il cui
sarcofago era vuoto. Del resto, era stato arso sul rogo nel 1314. Anche uno
degli affreschi rappresentava il suo rogo, ma attorno a lui danzavano diavoli
che parevano entrati sulla scena da un portale vermiglio. Gli altri affreschi
sembravano rappresentare una storia: un templare dal volto irriconoscibile era
rappresentato in armi sotto Acri; poi (su un diverso muro) si vestiva da
Ospitaliere (probabilmente per fuggire la persecuzione); su un altro ancora
svolgeva un rito che portava ad aprire un portale celeste (forse un passaggio
per altri tempi, come vuole la tradizione d'eresia?); ancora, dava ad altri
cavalieri da bere in un calice che sembrava il Graal; infine, nascondeva il
Sacro Calice in un luogo identificabile da un granchio-aragosta, che Jaoquin
riconobbe come l'emblema di una cittadina francese a lui nota.
Quale poteva essere il significato di quei dipinti? Era
possibile che il Templare senza volto fosse il
nostro Celestino, come asserì in una subitanea ispirazione, pur
sostenendo di non ricordare nulla? E che i tre cavalieri che bevevano dal Graal
fossero i tre Angeli? Di certo quegli affreschi dimostravano come i Templari
(almeno quelli antichi, ma molto probabilmente anche gli attuali) camminassero
per le loro pratiche sul sottile confine fra l'eresia e i legittimi tentativi
di difendere con ogni mezzo la Cristianità. E se il Graal, se questi riti di
inaudita potenza esistevano davvero, solo la Santa Madre Chiesa avrebbe potuto
gestirli.
Lentamente, la stanchezza si insinuò nei nostri corpi,
infiacchiti dal viaggio, dal freddo, soprattutto dalle emozioni. Ci
addormentammo, senza riuscire a gestire i turni di guardia.
Quando ci svegliammo, la mattina del 3 gennaio, davanti a
noi c'erano solo le rovine della fortezza che avevamo visto perfettamente
integra.
Era stato tutto un sogno, una visione o un inganno?
Cosa sono tutti quei dubbi e interrogativi, Fra Novella?! E quel riferimento all'empia dottrina dell'epoché scettica?! La tua fede non è forse salda?! Con il tuo dubbio iperbolico sembri più un filosofo cartesiano che un uomo di Chiesa...!
RispondiElimina;) Proprio un bel post!