Non ci fu concesso nemmeno il tempo di rimetterci: appena fummo in grado di ripartire, ci rimettemmo in viaggio per Firenze, dove ci attendeva Frate Ardizzone, il mio Inquisitor. E ce n'era ben donde: sempre la Santa Fede deve essere sostenuta, sempre le eresie crescono e si abbarbicano come edera alle piante, rischiando di soffocare il dolce fico che porta i frutti della Redenzione e della Salvezza.
La nostra missione non era stata un successo completo, ma almeno il Rito non si era compiuto e la Setta demoniaca si era disgregata, perciò rientrammo in Firenze non lieti, ma nemmeno troppo delusi del nostro operato. Del resto, gli Adepti di Satana erano sospettosi: nella villa trovammo persino i nostri ritratti.
A Firenze, del resto, ci attendeva l'Orrore. Sulla strada del ritorno, passammo davanti alla porta dove aveva vissuto il Maestro Laffi: la porta era stata sfondata, sul legno c'era una grossa croce. Il luogo era presidiato dagli excubitores, ma potemmo entrare. All'interno, la scena era tale da generare sbigottimento in chiunque non fosse rotto alle più crude esperienze e/o sostenuto dalla Fede come noi: c'era sangue ovunque, la cameriera era stata sgozzata, e il maestro Laffi era stato crocefisso, utilizzando costole umane in luogo di Chiodi!
Un eretico, un miscredente crocefisso!! Chi, quale creatura, quale essere blasfemo aveva potuto osare tanto? Una simile blasfemia, una simile mancanza di rispetto al Nostro Salvatore!
Fremevo di rabbia, ma la Bestia era già stata punita: ci erano voluti gli sforzi congiunti di numerosi excubitores, alcuni dei quali ci avevano rimesso la vita, ma era stata sopraffatta e uccisa. “Uccisa” non è il termine più proprio: la creatura non era un Morto, ma non era nemmeno un vivo. Piuttosto, la Scannatrice (così la chiamavano) sembrava il frutto di riti blasfemi. E, non a caso, pareva che fosse stata portata in zona da un carro funebre – presenza quanto mai insolita, dal Risveglio!
Quando fummo al cospetto di Frate Ardizzone, c'erano due sorprese. La prima mi riguardava direttamente: nonostante il nostro non brillante successo, il Venerabile Maestro aveva deciso di insignirmi dell'onore e della responsabilità della carica di Inquisitor.
Caddi in ginocchio, come schiacciato dal peso, mormorando “Domine, non sum dignus”, pensando al mio recente peccato, il cui segno per sempre rimarrà sul mio volto. Ma, in fondo, Egli può perdonare anche i peggiori peccatori, e mi era offerta una via di redenzione. Sì, io sarei stato una Spada della Chiesa e uno dei suoi Scudi, per difenderla dai troppi nemici.
La seconda novità, invece, ci riguardava tutti: Frate Ardizzone consegnò a Gioacchino una missiva a lui indirizzata, ed egli si accomiatò.
Gran Brace era morto. Vent-Otto era morto. Gioacchino ci lasciava. Rimanevamo solo io e Fratello Celestino, uniti nella difesa della Vera Fede.
Sapevo che Iddio ci avrebbe dato la forza di continuare la lotta valorosamente. Eppure, dover abbandonare, forse per sempre i compagni con cui, a parte i contrasti, avevo combattuto il Demonio mi lasciava un poco sgomento.
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